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Lavoro e infortuni professionali

La protezione contro i rischi legati al mondo del lavoro moderno è un aspetto fondamentale della sicurezza sociale. In Svizzera, è addirittura l’obiettivo principale delle assicurazioni sociali fino alla metà del 20° secolo.

A partire dagli anni 1860 le autorità e i partiti svizzeri avviano un dibattito sulla protezione del lavoro e sulle assicurazioni sociali, concentrandosi in primo luogo sui rischi associati al lavoro nelle fabbriche. Con il sorgere delle prime industrie alla fine del 18° secolo si instaurano condizioni di lavoro del tutto nuove, comportanti rischi fino a quel momento ignoti. Focalizzare l’attenzione sul lavoro industriale avrà effetti di lunga durata: fino al 20° secolo le istituzioni dello Stato sociale ignoreranno i rischi nei settori e comparti non industriali, per esempio nell’agricoltura e nel lavoro domestico. 

Nel settore industriale i nuovi rischi del lavoro sono particolarmente evidenti. Le prime forme di produzione industriale, per esempio nel settore tessile, poggiano in larga misura sul lavoro a domicilio, messo sotto accusa per gli orari di lavoro molto lunghi. Con il processo di meccanizzazione della filatura e della tessitura, nel 19° secolo il lavoro a domicilio è progressivamente sostituito dal lavoro in fabbrica. La produzione industriale, che dal ramo tessile si estende al comparto metalmeccanico e ad altri settori, comporta rischi particolarmente elevati. Tra le voci più critiche figurano le associazioni filantropiche e le società operaie, antesignane dei moderni sindacati, che nei macchinari, negli apparecchi e nei mezzi di trasporto (fra cui i treni) identificano portatori simbolici dei rischi dell’era industriale. Anche il modello retributivo di questo sistema cela dei pericoli: il salario, forma di remunerazione del lavoro industriale, pone le lavoratrici e i lavoratori in una nuova condizione di dipendenza. Nelle regioni industriali, i crolli congiunturali e le crisi lasciano di colpo senza lavoro ampie fasce della popolazione, che cadono in povertà. Solo nella seconda metà del 19° secolo iniziano a diffondersi lentamente alcune forme di garanzia, quali le prime casse malati e casse di disoccupazione. La povertà ciclica legata all’andamento industriale pone dunque le autorità locali, specialmente l’assistenza ai poveri, dinanzi a questioni finanziarie e di politica sociale di difficile soluzione. Inoltre, in alcuni settori (p. es. tessile) lavorano molte donne e bambini, gruppi  considerati bisognosi di una protezione particolare. Con la diffusione della scuola dell’obbligo e degli ideali borghesi della famiglia, la regolamentazione del lavoro minorile e di quello femminile diventa una priorità centrale delle prime manovre legislative per la tutela contro i rischi del lavoro industriale. Sul finire del 19° secolo e agli inizi del 20°, il fiorire delle industrie chimica ed elettrotecnica, particolarmente rischiose, rende ancora più impellente il bisogno di garantire una protezione del lavoro efficace. 

A livello nazionale, la legge federale sulle fabbriche del 1877 segna una tappa importante nella regolamentazione del lavoro in fabbrica da parte dello Stato. Questa legge, che vieta di far lavorare i bambini e le bambine di età inferiore ai 14 anni nell’industria (ma non nell’agricoltura), fissa a 11 ore la durata massima del lavoro giornaliero e dispone che i datori di lavoro siano responsabili dei danni fisici causati dall’attività. Viene inoltre istituito un sistema di ispettori federali delle fabbriche, tra i quali va ricordato il medico del Cantone di Glarona Fridolin Schuler, il primo e il più noto sino ai giorni nostri. 

Nel 1881 viene emanata una legge sulla responsabilità civile, che consolida il principio della responsabilità aziendale e spinge sempre più i datori di lavoro ad assicurarsi contro i rischi di infortuni presso assicuratori privati. Nel 1912, al secondo tentativo, entra in vigore la legge sull’assicurazione contro le malattie e gli infortuni, che nel ramo infortuni sostituisce la regolamentazione allora vigente in materia di responsabilità civile con un’assicurazione obbligatoria e statalizza gran parte del mercato delle assicurazioni contro gli infortuni. Nel 1918 l’esecuzione dell’assicurazione statale contro gli infortuni – cui sono soggette le professioni industriali e artigianali – è delegata all’Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni (INSAI, dal 1996 Suva). L’INSAI dà al termine «infortuni» un’interpretazione molto ampia, includendo nella copertura assicurativa anche le malattie professionali riconosciute e gli infortuni non professionali (ovvero quelli occorsi nel tempo libero). Parallelamente, nel 1920 le autorità federali rafforzano la protezione del lavoro femminile, disponendo in particolare il divieto di impiegare le donne in mestieri pericolosi per la salute, e riducono ulteriormente l’orario di lavoro introducendo la settimana lavorativa di 48 ore, principio che tuttavia troverà applicazione generale solo negli anni 1930. Dopo la Seconda Guerra mondiale, la legge sul lavoro del 1964 estende la protezione del lavoro al settore dei servizi. Dal 1984 tutti i lavoratori e le lavoratrici dipendenti, anche nel settore agricolo, devono essere assicurati obbligatoriamente contro gli infortuni. 

All’inizio del 20°secolo, per l’introduzione dell’assicurazione contro gli infortuni, le autorità si ispirano innanzitutto al modello tedesco. Negli anni 1880, l’Impero tedesco crea infatti sotto Bismarck la prima assicurazione statale contro gli infortuni al mondo, la cui attuazione è lasciata alle cooperative professionali settoriali. Queste organizzazioni di diritto pubblico sono composte da rappresentanze dei datori di lavoro e dei lavoratori. La Svizzera si rifà al modello tedesco dal punto di vista organizzativo,’ con la differenza che prevede una sola organizzazione centralizzata per tutte le professioni: la Suva. Analogamente alle cooperative professionali tedesche, la Suva è strutturata in modo corporativo, con rappresentanti di datori di lavoro, lavoratori e autorità. Inoltre il sistema di contribuzione e il lavoro di prevenzione sono organizzati in funzione delle diverse professioni. In antitesi a questo modello vi sono gli Stati in cui la protezione contro gli infortuni è disciplinata da una legge sulla responsabilità civile e i datori di lavoro si assicurano contro il rischio di responsabilità civile per gli infortuni professionali presso le assicurazioni private. A questo secondo modello si orientano tra l’altro la Gran Bretagna, la Francia e soprattutto gli Stati Uniti, perlomeno fino alla Seconda Guerra mondiale.

Per un lungo periodo la percezione dei rischi del lavoro è associata ai pericoli nel settore industriale, dunque a mestieri prevalentemente maschili, mentre i rischi correlati ai lavori prettamente femminili sono sottovalutati o presi in considerazione solo con ritardo. I rischi delle professioni sanitarie (p. es. assistenza e cure), dei lavori d’ufficio e del lavoro domestico iniziano a essere dibattuti più diffusamente negli ambienti che si occupano della protezione degli infortuni solo a partire dagli anni 1970-1980. 

I dati statistici empirici dell’INSAI consentono di tracciare a grandi linee l’evoluzione dei rischi professionali assicurati nel corso del 20° secolo e nei primi anni del 21° secolo. In generale va detto che i rischi di infortuni sul posto di lavoro dipendono da svariati fattori: misure di prevenzione degli infortuni, trasformazione della struttura e della situazione economica, progresso della tecnica, organizzazione aziendale e percezione individuale dei rischi. Nelle fasi di congiuntura surriscaldata si registrano più infortuni che nei periodi di rallentamento economico, e nelle aziende che praticano attivamente la prevenzione il tasso di infortuni è più basso che in quelle che non investono in questo ambito. Dai primi anni del 20° secolo i rischi di infortuni sul posto di lavoro si sono ridotti all’incirca di un terzo, grazie soprattutto all’espandersi del settore terziario dopo la Seconda Guerra mondiale. Sebbene i rischi professionali in alcuni ambiti del terziario (p. es. nelle professioni sanitarie) permangano molto elevati, il potenziale di rischio in questo settore è mediamente inferiore rispetto a quello nel settore industriale. È impossibile calcolare con precisione in che misura la prevenzione degli infortuni promossa dall’INSAI abbia contribuito a questa evoluzione. Certo è che solo durante la Seconda Guerra mondiale vi è stata un’inversione di tendenza (aumento del rischio di infortuni di circa il 25 %). Oggi l’incidenza degli infortuni professionali è di circa sette all’anno ogni cento persone assicurate. 

Gli infortuni non professionali (per la maggior parte dovuti a incidenti stradali e occorsi durante le attività sportive) hanno segnato invece un’evoluzione completamente diversa: il numero di infortuni annui per persona assicurata è cresciuto continuamente, attestandosi nel 2013 a quasi 13 casi all’anno ogni 100 assicurati. Nel complesso il rischio di infortuni non professionali è raddoppiato negli ultimi cento anni. Questa tendenza è il risultato della crescente motorizzazione della società e della riduzione del tempo di lavoro annuo, a fronte di un aumento del tempo libero e delle vacanze. 

Le malattie professionali rappresentano una categoria particolare all’interno dei rischi professionali. In molti casi sono più difficili da diagnosticare rispetto agli infortuni sul lavoro, non da ultimo a causa della loro lenta evoluzione. Fin dall’inizio della sua attività nel 1918, l’INSAI ha deciso di inserire nella copertura assicurativa anche le malattie professionali riconosciute. Il riconoscimento di una malattia professionale è tuttavia subordinato alla presentazione di una prova che attesti che la sostanza tossica presente sul posto di lavoro ha un nesso causale con il quadro clinico. Per le malattie professionali nuove o non convenzionali, fornire questa prova si rivela spesso difficile. D’altra parte, la copertura assicurativa è incontestata per i danni riconducibili a sostanze come la biacca (bianco di piombo usato nei lavori di pittura), il fosforo (impiegato per la fabbricazione di fiammiferi) e l’anilina (sostanza cancerogena utilizzata nell’industria chimica). I rischi associati ad altre sostanze, tra cui la polvere di quarzo, che causa disturbi cronici ai polmoni (silicosi) e può avere conseguenze invalidanti o mortali, o a sostanze tossiche utilizzate nell’economia domestica, vengono invece a lungo sottovalutati. La silicosi è definitivamente inserita nell’elenco delle malattie professionali solo nel 1937, dopo dibattiti protrattisi per anni. Nel 1960 l’INSAI modifica il sistema di classificazione e adotta come criterio per la valutazione delle malattie professionali la concentrazione massima sul posto di lavoro (valore MAC). A differenza del modello precedente, i valori MAC fissano un limite massimo tassativo per le sostanze tossiche sul posto di lavoro. 

Più di recente il dibattito sulle malattie professionali ha preso un orientamento diverso, concentrandosi maggiormente sui disturbi della salute alla cui origine vi sono cause complesse e che non rientrano nel concetto tradizionale di malattie professionali. Il nuovo concetto di rischi psicosociali comprende i rischi per la salute causati da un clima di lavoro dannoso nonché da un’organizzazione e da un’impostazione del lavoro sfavorevoli.Tra questi disturbi dovuti all’attività lavorativa figurano lo stress, il burn-out o dolori diffusi alla schiena. Finora la Suva ha escluso dalle prestazioni assicurative questi disturbi, come anche diverse malattie controverse, ma negli ultimi anni ha intensificato la ricerca in questo ambito per capirne meglio le cause e sviluppare strumenti di prevenzione adeguati. Il diritto del lavoro, tuttavia, esorta i datori di lavoro a ridurre al minimo i fattori all’origine dei rischi psicosociali.Dal 2014 la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) invita gli ispettorati del lavoro a concentrarsi sulla loro prevenzione.

> L’assicurazione infortuni in cifre

Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References:Nicole Schaad, Chemische Stoffe, giftige Körper: Gesundheitsrisiken in der Basler Chemie, 1860-1930, Zurigo 2003; Martin Lengwiler, Risikopolitik im Sozialstaat. Die schweizerische Unfallversicherung 1870-1970, 2006. HLS / DHS / DSS: Medicina del lavoro, Tempo di lavoro, Leggi sulle fabbriche, Industria; Website 100 anni di Suva: https://www.suva.ch/it-ch/la-suva/100-anni-suva


(02/2019)