Tra la fondazione dello Stato federale e il volgere del secolo, la Svizzera fu fortemente segnata dall’industrializzazione. La popolazione passò da 2,4 a 3,3 milioni. Un numero sempre maggiore di donne e uomini si trasferirono dalla campagna alla città, lavorando come salariati nell’industria. Zurigo, Basilea e Ginevra diventarono dei centri economici. Si demolirono le mura delle città e si edificarono nuovi quartieri periferici. Il regime economico liberale e le innovazioni tecniche favorirono la costruzione di linee ferroviarie e fabbriche. Grazie alle macchine l’industria tessile diventò la forza trainante dell’economia del Paese. Il commercio estero fiorì e si instaurò un moderno settore dei servizi (banche, assicurazioni).
Questo sviluppo non fu privo di ostacoli. Le ondate di crescita furono frenate da periodi di crisi. Il benessere e le opportunità di ascesa sociale non erano equamente accessibili. Ampie fasce della popolazione si trovavano sulla soglia della povertà. Di fronte alla crescente mobilità e alla nascita di nuove forme di guadagno, come il lavoro in fabbrica, la famiglia e la comunità erano sempre meno in grado di compensare le conseguenze dell’indigenza e della povertà. Al contempo lo Stato liberale concedeva poco spazio all’assistenza pubblica, lasciando questo compito ad associazioni private, enti assistenziali, organizzazioni sindacali e alle chiese.
Nel dibattito pubblico, il problema della povertà fu trattato in un primo tempo sotto la denominazione di “pauperismo”. Attorno al 1850 si impose il termine di “questione sociale”, più aderente alla situazione delle crescenti masse operaie e l’adesione di una parte del movimento operaio ad una politica riformista (in opposizione ad una visione rivoluzionaria centrala sulla lotta di classe). In questo contesto le società d’utilità pubblica ebbero per molto tempo un ruolo importante. Esse sostenevano l’ethos dell’iniziativa personale, considerando la miseria come la conseguenza dell’immoralità. Con la crisi economica degli anni 1870 e l’erosione del modello sociale liberale, l’idea di una “riforma sociale” statale attecchì anche tra l’élite borghese. Si rafforzò così l’idea che lo Stato, in quanto “rappresentante degli interessi comuni”, dovesse intervenire nella vita economica, con il sostegno di esperti, a favore dei gruppi socialmente svantaggiati. Le divergenze sussistono tuttavia riguardo alla forma et alle dimenzioni da conferirgli.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Degen Bernard (2006), Entstehung und Entwicklung des schweizerischen Sozialstaates, Studien und Quellen, 31, 17–48; Studer Brigitte (1998a), Soziale Sicherheit für alle? Das Projekt Sozialstaat 1848–1998, in B. Studer (ed.), Etappen des Bundesstaates. Staats- und Nationsbildung in der Schweiz, 159–186, Zürich; HLS / DHS / DSS: Questione sociale.
(12/2014)
In Svizzera, l’assistenza alle persone incapaci di provvedere al proprio sostentamento era tradizionalmente compito dei comuni. Fino al 20° secolo inoltrato valeva il principio dell’assistenza presso il luogo d’origine. I poveri che provenivano dall’esterno potevano quindi essere rispediti per mezzo di appositi carri al loro comune di origine. Al contempo l’assistenza presso il luogo d’origine ostacolava la ricerca di un posto di lavoro in altri luoghi. I Cantoni rafforzarono la loro influenza attraverso leggi sull’assitenza ai bisognosi, mentre le competenze della Confederazione rimasero marginali. Con l’introduzione della tassa sull’alcol del 1887, per la prima volta i Cantoni ricevettero dalla Confederazione fondi che potevano essere impiegati per la lotta alle cause della povertà come l’alcolismo o la mancanza di istruzione.
Particolarmente esposti al rischio di povertà erano gli anziani, le donne e i bambini. Nell’élite borghese predominava una visione moraleggiante della povertà: potevano essere aiutati unicamente i poveri “meritevoli”, che non erano abili al lavoro perché troppo anziani, troppo giovani, malati o disabili. I poveri abili al lavoro erano considerati fannulloni, “imprevidenti” o “scialacquatori”. Le cause strutturali della povertà erano ignorate. Dopo il 1850 la povertà di massa diminuì, ma le crisi economiche continuarono regolarmente a portare miseria fra la popolazione.
Per lottare contro la povertà, i Cantoni e i comuni svilupparono la scuola elementare, adeguarono le pratiche assistenziali alle nuove esigenze (delega di alcune missioni a delle organizzazioni caritative private, più tardi il principio del luogo di domicilio anziché d’origine), incentivarono l’emigrazione, costruirono istituti per anziani e bambini bisognosi e adottarono misure di repressione (centri di lavoro forzato, divieto di matrimonio, esclusione dal diritto di voto), che stigmatizzavano i gruppi ai margini della società.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Head Anne-Lise, Schnegg Brigitte (ed.) (1989), Armut in der Schweiz (17.–20. Jh.), Zürich; Lippuner Sabine (2005), Bessern und Verwahren: Die Praxis der administrativen Versorgung von „Liederlichen“ und „Arbeitsscheuen“ in der thurgauischen Zwangsarbeitsanstalt Kalchrain (19. und frühes 20. Jahrhundert), Frauenfeld; HLS / DHS / DSS: Assistenza publica.
(12/2014)
Le casse di mutuo soccorso sono l’anello di congiunzione tra le forme di previdenza tradizionali – ad esempio quelle corporative – e le moderne assicurazioni sociali. Le prime casse, organizzate come associazioni, nacquero già alla fine del 18° secolo. Fino agli anni 1870 si diffusero soprattutto nelle regioni industrializzate e nelle città. Nel 1888 in Svizzera c’erano 1'085 casse di mutuo soccorso con 209'920 membri. Nelle regioni industriali il 25 per cento dei lavoratori era membro di una cassa. Alcune casse erano accessibili a tutti, la maggior parte era sostenuta da associazioni professionali, datori di lavoro o sindacati.
Le casse di mutuo soccorso – contrariamente all’assistenza ai bisognosi – erano destinate soprattutto ai sempre più numerosi lavoratori dell’industria. Si basavano sul principio della reciprocità e della ripartizione dei rischi: i membri dovevano pagare regolarmente un premio e ricevevano in cambio una modesta indennità giornaliera, che li assicurava contro la perdita di guadagno a causa di malattia e invalidità. Particolari casse di soccorso in caso di morte assumevano i costi del funerale dell’assicurato. A partire dagli anni 1880, alcune casse offrivano anche rendite di vecchiaia, vedovili o per orfani, entrando così in concorrenza con gli assicuratori commerciali come la “Schweizerische Rentenanstalt”, fondata nel 1857.
Negli anni 1860 alcuni matematici del settore economico e assicurativo come Hermann Kinkelin o Johann Jakob Kummer iniziarono a criticare l’organizzazione e i modelli di finanziamento dei fondi di previdenza, che secondo loro non disponevano di sufficienti riserve di capitali e a lungo termine non avrebbero potuto assolvere i loro obblighi. Tuttavia, i fondi di previdenza si opponevano ai controlli e rifiutavano – in particolare nella Svizzera francese – un’assicurazione infortunio e malattia statale. L’introduzione dell’assicurazione contro gli infortuni (1918) incrementò la regolazione statale e la concorrenza. Dopo la Prima Guerra mondiale il numero delle casse diminuì e alcune si trasformarono in assicurazioni commerciali.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Lengwiler Martin (2006), Risikopolitik im Sozialstaat: Die schweizerische Unfallversicherung (1870–1970), Köln; Muheim David (2000), Mutualisme et assurance maladie (1893–1912). Une adaptation ambigue, Traverse, 2, 79–93; HLS / DHS / DSS: Mutuo soccorso; Casse pensioni; Assicurazione contro la disoccupazione AD.
(12/2014)
Nel 1877 il Popolo approvò di misura, nonostante la resistenza di molti industriali, la legge federale sul lavoro nelle fabbriche. Grazie alla nuova normativa, la Confederazione intervenne direttamente nei rapporti economici limitando la libertà contrattuale e l’autonomia degli imprenditori. A livello internazionale, la Svizzera diventò così uno dei pionieri nel settore della protezione dei lavoratori e delle lavoratrici.
Sulla base di studi, già negli anni 1860 enti di pubblica utilità e medici avevano messo in guardia sulle precarie condizioni di lavoro, i pericoli per la salute e l’incolumità della manodopera operaia e la diffusione del lavoro infantile. Da allora la protezione della salute e della capacità produttiva degli operai e delle operaie diventò il tema principale del dibattito sulla “questione sociale”. La revisione totale della Costituzione federale del 1874 conferì alla Confederazione la facoltà di emanare delle norme sul lavoro infantile, sulla limitazione degli orari di lavoro e sulla protezione della manodopera.
La legge federale sul lavoro nelle fabbriche, che applicava la norma costituzionale, riprese in molti punti la legislazione dei Cantoni che avevano regolamentato già in precedenza il lavoro industriale. Il Canton Zurigo, ad esempio, aveva imposto restrizioni al lavoro infantile già nel 1815. La legge del Canton Glarona del 1864, che per la prima volta regolava anche il lavoro degli adulti, aprì la strada allo sviluppo della protezione dei lavoratori e delle lavoratrici. La legge sul lavoro nelle fabbriche limitava la giornata lavorativa a undici ore, vietando il lavoro notturno e domenicale, l’impiego di bambini con meno di 14 anni e di donne incinte o puerpere. I direttori delle fabbriche dovettero rispettare le norme e diventarono perseguibili in caso di infortuni. L’osservanza della legge veniva controllata da ispettori. Queste prescrizioni valevano tuttavia solo per le fabbriche, ma non per le piccole industrie e tanto meno per l’agricoltura. Nel 1882 erano soggette alla nuova legge solo 134'000 persone, cioè circa il 10 per cento della manodopera.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Siegenthaler Hansjörg (ed.) (1997), Wissenschaft und Wohlfahrt. Moderne Wissenschaft und ihre Träger in der Formation des schweizerischen Wohlfahrtsstaates während der zweiten Hälfte des 19. Jahrhunderts, Zürich; Gruner Erich (1968), Die Arbeiter in der Schweiz im 19. Jahrhundert, Bern; HLS / DHS / DSS: Leggi sulle fabbriche.
(12/2014)
Tra il 1883 e il 1889 l’Impero tedesco introdusse l’assicurazione obbligatoria contro le malattie e gli infortuni nonché l’assicurazione invalidità e vecchiaia per i lavoratori e altri salariati. Questo nuovo modello previdenziale venne presto discusso e diffuso anche in Svizzera. Segnò il passaggio da una politica sociale basata sull’assistenza e l’intervento mirato in caso di danno a una previdenza estensibile, garantita da un’assicurazione sociale fondata su un diritto individuale a prestazioni che copriva i rischi della vita lavorativa. Diversi fattori furono all’origine di queste innovazioni introdotte dal cancelliere tedesco Otto von Bismarck: una concezione interventista dello Stato, le difficoltà delle casse di mutuo soccorso, i problemi irrisolti in materia di prevenzione degli infortuni e l’intenzione del governo di integrare il ceto operaio nello stato autoritario per indebolire la socialdemocrazia.
L’assicurazione malattie (1883) comprendeva la copertura dei costi delle cure, l’indennità giornaliera in caso di malattia, il sostegno per le puerpere e l’indennità in caso di morte. Anche l’assicurazione contro gli infortuni (1884) copriva le spese di cura e prevedeva misure complementari per la prevenzione degli infortuni. L’assicurazione invalidità e vecchiaia (1889) garantiva una modesta rendita in caso di incapacità di lavoro e dopo il compimento dei 70 anni. Tutte e tre le assicurazioni erano obbligatorie per le persone con un reddito annuo inferiore a 2'000 marchi. Erano finanziate con i contributi dei lavoratori e dei loro datori di lavoro e – nel caso dell’assicurazione invalidità e vecchiaia – con sussidi statali. Le casse malati esistenti furono mantenute, si crearono nuove cooperative professionali autonome per l’assicurazione contro gli infortuni e degli istituti assicurativi regionali (“Landesversicherungsanstalten”) per l’assicurazione invalidità e vecchiaia.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Lengwiler Martin (2007b), Transfer mit Grenzen: das ‚Modell Deutschland‘ in der schweizerischen Sozialstaatsgeschichte 1880–1950, in G. Kreis, R. Wecker (ed.), Deutsche und Deutschland aus Schweizer Perspektiven, 47–66, Basel; Stolleis Michael (2003), Geschichte des Sozialrechts in Deutschland, Stuttgart; Kott Sandrine (1995), L’état social allemand. Représentations et pratiques, Paris.
(12/2014)
L’articolo costituzionale che conferisce alla Confederazione la competenza di introdurre un’assicurazione malattia e incidenti obligatoria fu accettato a larga maggioranza nella votazione popolare del 26 ottobre 1890. Questa votazione rappresentò il primo passo verso una moderna assicurazione sociale. Lo spunto per il nuovo articolo costituzionale fu dato dalla regolamentazione della responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro, criticata sia da parte degli operai che dei datori di lavoro. I lavoratori che intentavano una causa, rischiavano infatti di restare a mani vuote, mentre gli imprenditori dovevano stipulare una polizza collettiva per i loro dipendenti presso una compagnia d’assicurazione. Nel 1885, il Parlamento, dominato dai borghesi, incaricò il Consiglio federale di vagliare l’opportunità di un’assicurazione infortuni obbligatoria per i lavoratori. Nel corso dei lavori preliminari venne integrata nel progetto anche l’assicurazione malattia.
Il Consiglio federale fece svolgere diverse rilevazioni statistiche e commissionò diverse perizie, fra le quali emerse il memoriale di Ludwig Forrer. Il consigliere nazionale zurighese, che apparteneva all’ala progressista dei liberali, era un sostenitore del principio assicurativo (“ripartizione dei rischi su larga scala”) e dell’introduzione di un’assicurazione contro gli infortuni e le malattie obbligatoria e statale sul modello bismarckiano, poiché “la responsabilità civile è sinonimo di controversia, l’assicurazione, invece, di pace”. Il Consiglio federale e il Parlamento seguirono questa proposta al contempo avveniristica e pragmatica. La stessa sorte non toccò alla proposta della commissione del Consiglio nazionale, che chiedeva di estendere la competenza legislativa della Confederazione anche a “altri tipi di assicurazioni di persone”, creando la base costituzionale per un’assicurazione invalidità e vecchiaia o contro la disoccupazione.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Lengwiler Martin (2006), Risikopolitik im Sozialstaat: Die schweizerische Unfallversicherung (1870–1970), Köln; Degen Bernard (1997), Haftpflicht bedeutet den Streit, Versicherung den Frieden: Staat und Gruppeninteressen in den frühen Debatten um die schweizerische Sozialversicherung, in H. Siegenthaler (ed.), Wissenschaft und Wohlfahrt. Moderne Wissenschaft und ihre Träger in der Formation des schweizerischen Wohlfahrtstaates während der zweiten Hälfte des 19. Jahrhunderts, 137–154, Zürich.
(12/2014)
Tra il 1890 e il 1947 inizarono a delinearsi i contorni dello Stato sociale svizzero. La creazione di una base costituzionale per un’assicurazione contro gli infortuni e le malattie del 1890 rappresentava un primo passo verso una moderna politica sociale. Tuttavia, nel 1900 gli elettori bocciarono la relativa legge. Solo molto più tardi i politici riuscirono a salvare parte della proposta: undici anni dopo, una versione molto più snella della legge, che prevedeva ormai solo l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, riuscì a superare lo scoglio di una seconda votazione popolare. Questa dinamica si ripeté più volte. A posteriori, l’affermazione della sicurezza sociale fino alla Seconda guerra mondiale appare come una lunga fase di esperimenti, caratterizzata da tentativi di riforma graduali, che spesso, pur rappresentando soluzioni minime, furono condannati a fallire. Anche dopo la Prima Guerra mondiale e lo sciopero generale del 1918, non ci furono svolte significative, tali da generare un improvviso attivismo nella politica sociale. Uno dei fattori frenanti era senz’altro il sistema della democrazia diretta, i plebisciti, ma anche gli accordi politici alla vigilia delle votazioni. Gli elettori bocciarono così anche la prima proposta per un’assicurazione vecchiaia e superstiti, oltremodo moderata, messa in votazione nel 1931. Solo le esperienze della Seconda Guerra mondiale innescarono una nuova dinamica, che culminò con l’approvazione dell’AVS (1947).
A causa di questo sviluppo la sicurezza sociale in Svizzera rimase un sistema ibrido ed eterogeneo ben oltre la Seconda Guerra mondiale. All’interno di questo welfare pluralism, oltre allo Stato, giocò un ruolo importante anche il settore privato, ad esempio le compagnie di assicurazione commerciali e le organizzazioni caritative e di pubblica utilità. Il carico maggiore dell’assistenza pubblica gravava soprattutto sugli enti di assistenza comunali, che a cavallo dei due secoli, svilupparono nuove strategie per affrontare il disagio sociale.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Studer Brigitte (2012), Ökonomien der sozialen Sicherheit, in P. Halbeisen, M. Müller, B. Veyrasset (ed.), Wirtschaftsgeschichte der Schweiz im 19. Jahrhundert, 923–974, Basel; Degen Bernard (2006), Entstehung und Entwicklung des schweizerischen Sozialstaates, Studien und Quellen, 31, 17–48.
(12/2014)
Alle soglie del 20° secolo l’assistenza ai bisognosi fornita dai comuni costituiva ancora la struttura portante dell’assistenza sociale. Tranne che nei Cantoni di Neuchâtel e Berna, in generale valeva il principio dell’assistenza presso il luogo d’origine. Tuttavia attorno al 1900 ci furono nuovi tentativi per migliorare la situazione degli operai, per lottare contro la povertà, controllare e disciplinare i poveri. Nell’ambito della “politica sociale comunale”, soprattutto le città, in piena espansione, svilupparono le loro prestazioni sociali. La città di Berna creò ad esempio un ufficio di collocamento (1889), un istituto per bisognosi (1892) e una cassa disoccupazione (1893). La capitale federale incentivò inoltre l’edilizia popolare e sovvenzionò asili nido privati (1891/98).
Nello stesso periodo, una nuova generazione di specialisti della previdenza, che nel 1905 fondarono la conferenza svizzera delle autorità della pubblica assistenza (Schweizerische Armenpflegerkonferenz), sostenne una razionalizzazione della previdenza secondo dei modelli stranieri. I principi su cui si basavano erano l’aiuto individuale, la centralizzazione dell’organizzazione, la burocratizzazione delle procedure e la professionalizzazione del personale. Delle donne furono all’origine di scuole che permisero ad altre donne del ceto medio di accedere alla professione di assistente sociale.
Il nuovo concetto di previdenza si manifestò in modo esemplare nell’ambito dell’assistenza alla gioventù, presente soprattutto nelle città. Questa fu ampliata e consolidata sotto il profilo scientifico con le normative per la protezione dell’infanzia del codice civile (1912) e l’istituzionalizzazione di corsi di formazione e aggiornamento (dal 1908). La città di Zurigo, ad esempio, professionalizzò l’assistenza medica agli scolari (1905) e riorganizzò il sistema tutorio (1908). Grazie a questi cambiamenti, l’assistenza statale si estese, oltre ai bambini bisognosi, a quelli “trascurati” e malati. Le autorità fecero sempre più spesso ricorso a esperti scientifici, in particolare medici e specialisti di pedagogia curativa.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Matter Sonja (2011), Der Armut auf den Leib rücken: Die Professionalisierung der Sozialen Arbeit in der Schweiz (1900–1960), Zürich; Tabin Jean-Pierre et al. (2010 [2008]), Temps d’assistance. L’assistance publique en Suisse romande de la fin du XIXe siècle à nos jours, Lausanne; Schnegg Brigitte (2007), Armutsbekämpfung durch Sozialreform: Gesellschaftlicher Wandel und sozialpolitische Modernisierung Ende des 19. Jahrhunderts am Beispiel der Stadt Bern, Berner Zeitschrift für Geschichte und Heimatkunde, 69, 233–258; Ramsauer Nadja (2000), “Verwahrlost”: Kindswegnahmen und die Entstehung der Jugendfürsorge im schweizerischen Sozialstaat, 1900–1945. Zürich.
(12/2014)
In occasione dell’Esposizione mondiale a Parigi del 1900 i politici socialisti di diversi Stati europei fondarono l’Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori. Essa scelse Basilea come sede per l’Ufficio internazionale del lavoro, in gran parte finanziato dalla Svizzera. Come gli innumerevoli altri congressi, organizzazioni e uffici internazionali nati a cavallo del ‘900, la fondazione dell’Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori riflette la compenetrazione economica dei moderni Stati industriali e l’espansione delle vie di traffico e di comunicazione. Il tema della sicurezza sociale occupava un posto importante negli eventi internazionali. Gli argomenti al centro delle discussioni fra esperti e funzionari riguardavano l’assistenza pubblica e gli enti di beneficenza privati, gli infortuni sul lavoro, le assicurazioni e le scienze assicurative.
Non fu un caso che la Svizzera estendesse il suo impegno a favore della protezione dei lavoratori anche oltre confine. La legge federale sul lavoro nelle fabbriche del 1877, che prevedeva particolari clausole per la tutela dei bambini e delle donne, era infatti considerata progressista a livello internazionale. I rappresentanti dei lavoratori e dell’industria e il Consiglio federale erano pertanto ugualmente interessati all’armonizzazione a livello internazionale delle clausole di protezione dei lavoratori e quindi le condizioni di concorrenza. In seguito al fallimento di un primo tentativo diplomatico nel 1890 a Zurigo, nel 1897 l’associazione operaia organizzò un congresso per la protezione dei lavoratori, allo scopo di internazionalizzare la politica sociale.
Dopo la sua fondazione, l’Ufficio internazionale del lavoro di Basilea diventò soprattutto un centro di documentazione. Nel frattempo l’Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori, quale ente privato, ma comunque vicino al governo, aprì la strada a diverse convenzioni, come la protezione da sostanze nocive e il divieto del lavoro notturno per le donne. Fino alla Prima guerra mondiale continuò a battersi per la protezione del lavoro minorile e l’introduzione della giornata lavorativa di 8 ore. Nel 1919 molte delle sue funzioni furono assunte dall’Organizzazione internazionale del lavoro.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Herren-Oesch Madeleine (2009), Internationale Organisationen seit 1865. Eine Globalgeschichte der internationalen Ordnung, Darmstadt; Topalov Christian (1999), Laboratoires du nouveau siècle. La nébuleuse réformatrice et ses réseaux en France, 1880-1914, Paris; Garamvölgyi Judit (1982), Die internationale Vereinigung für gesetzlichen Arbeiterschutz, in Gesellschaft und Gesellschaften. Festschrift Ulrich Im Hof, 626–646, Bern.
(12/2014)
Il 20 maggio 1900, con il 70 per cento di voti contrari, i votanti respinsero la legge federale concernente l’assicurazione contro le malattie e gl’infortuni e l’assicurazione militare. La proposta era sostenuta da tutti i partiti e dalle associazioni economiche. Tuttavia ebbero la meglio gli oppositori, che comprendevano i federalisti liberali della Svizzera occidentale, i conservatori, le compagnie di assicurazioni private e una parte dei contadini e degli operai. Fra il votanti fecero presa soprattutto gli argomenti antistatali delle casse malati e di mutuo soccorso, che temevano per la loro autonomia.
La proposta approvata a grande maggioranza dall’Assemblea federale nell’ottobre 1899 riprendeva il modello del Consigliere nazionale radicale Ludwig Forrer, fra i primi sostenitori dell’assicurazione sociale. Benché questo complesso progetto, con i suoi 400 articoli, si limitasse ai lavoratori salariati, la sua portata era notevole. Per la prima volta prevedeva un’assicurazione obbligatoria per la maggior parte dei dipendenti, mentre le altre persone avevano la facoltà di scegliere. Inoltre ne avrebbero beneficiato anche i militari. L’assicurazione avrebbe assunto le spese di cura, come pure un’indennità per malattia, per le puerpere e in caso di morte. L’assicurazione infortunio e militare avrebbe inoltre garantito una rendita per invalidi e superstiti. L’assicurazione sarebbe stata finanziata con sussidi federali e premi versati dai dipendenti e dai datori di lavoro. Il Parlamento intendeva trasferire l’applicazione pratica a casse malati pubbliche, ancora da istituire, e a quelle private già esistenti, oltre che a un nuovo istituto federale di assicurazione contro gli infortuni. Un tribunale federale delle assicurazioni avrebbe assunto la funzione di autorità di ricorso.
L’esito della votazione segnò la fine repentina di questo progetto d'assicurazione completa dei rischi. Lo sviluppo della sicurezza sociale fu dettato per decenni dalla politica dei piccoli passi. Nel 1902 entrò perlomeno in vigore l’assicurazione militare, mentre nel 1912 gli elettori approvarono una versione più ridotta della legge sull’assicurazione contro le malattie e gli infortuni, laquale introdusse l’obligo di assicurarsi solo in caso di infortunio et non riformò in profondità l’assicurazione malattia.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Degen Bernard (1997), Haftpflicht bedeutet den Streit, Versicherung den Frieden: Staat und Gruppeninteressen in den frühen Debatten um die schweizerische Sozialversicherung, in H. Siegenthaler (ed.), Wissenschaft und Wohlfahrt. Moderne Wissenschaft und ihre Träger in der Formation des schweizerischen Wohlfahrtstaates während der zweiten Hälfte des 19. Jahrhunderts, 137–154, Zürich.
(12/2014)
Il desiderio dei Cantoni svizzeri e degli Stati europei di sostenere materialmente i soldati malati o infortunati risale alla prima età moderna. Nel 1852 nello Stato federale svizzero entra in vigore il regime pensionistico militare, che verrà poi sottoposto a revisione nel 1875. Nel 1887, su iniziativa privata, viene inoltre istituita un’assicurazione contro gli infortuni per una parte delle truppe. Nel contempo, la Confederazione elabora una soluzione ampiamente condivisa che dovrebbe portare all’introduzione di un’assicurazione generale contro le malattie e gli infortuni, destinata ai soldati oltre che ai lavoratori dell’industria. Il progetto di legge del 1900 (Lex Forrer) viene tuttavia bocciato in votazione popolare. Le autorità federali decidono quindi di separare l’assicurazione militare – non contestata – dal resto del progetto, contestato da molti. La legge federale concernente l’assicurazione dei militari contro le malattie e gli infortuni viene approvata nel 1901 e posta in vigore l’anno successivo. Nasce così la prima assicurazione sociale svizzera.
Con l’introduzione dell’assicurazione militare federale, il principio dell’assicurazione sostituisce quello della previdenza nella gestione dei casi riguardanti militari malati o infortunati. La Confederazione non limita più le indennità alle persone indigenti, ma le concede a tutti i membri dell’esercito in base alla durata e alla gravità del danno subito. L’assicurazione risponde per le malattie e gli infortuni insorti durante il servizio, anche se non risultano direttamente legati all’attività militare. Non copre invece le malattie pregresse che si manifestano di nuovo o peggiorano durante il servizio. Le prestazioni assicurative includono il vitto e le cure fino al pieno recupero fisico, così come un’indennità di malattia. Dato il caso possono inoltre contenere una rendita di invalidità per i soldati, un assegno in caso di morte e una rendita per i familiari superstiti.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Militärversicherungs-Schriftenreihe, 1, 1976 u. 2, 1979; Maeschi Jürg (2000), Kommentar zum Bundesgesetz über die Militärversicherung (MVG) vom 19. Juni 1992, Bern; Morgenthaler W. (1939), Militärversicherung, in Handbuch der schweizerischen Volkswirtschaft, 179-80, Bern.
(12/2014)
Il 4 febbraio 1912 il popolo approvò la legge federale sull’assicurazione contro le malattie e gli infortuni (LAMI). Dopo più di 25 anni, si chiuse così (provvisoriamente) la prima tappa dello sviluppo dell’assicurazione sociale. Per quanto riguarda l’assicurazione contro gli infortuni, la LAMI riprendeva ampiamente la legge Forrer, respinta in votazione nel 1900. Tuttavia la cerchia delle persone soggette all’obbligo assicurativo era limitata ai lavoratori dell’industria e a determinati gruppi professionali. Fino agli anni 1980, erano assicurati a titolo obbligatorio solo il 45-55 per cento dei salariati. A questi si aggiungeva un numero crescente di assicurati a titolo facoltativo. Anche le prestazioni (cure e spese di trattamento, rendite, indennità per le spese funerarie) e il finanziamento dell’assicurazione contro gli infortuni corrispondevano al quadro delineato nel 1900. Per contro, la legge non prevedeva più l’affiliazione obbligatoria all’assicurazione malattie, solo i Cantoni potevano decidere in merito. L’impegno della Confederazione si limitava quindi al sovvenzionamento e alla regolamentazione delle casse private.
La nuova legge affidò l’applicazione dell’assicurazione contro gli infortuni all’Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni (INSAI, oggi Suva), che iniziò la sua attività nel 1918 a Lucerna come istituto autonomo di diritto pubblico. L’organo supremo dell’INSAI, incaricato di eleggere la direzione, è tuttora il consiglio di amministrazione, composto di rappresentanti dei lavoratori, dei datori di lavoro e della Confederazione. La prevenzione degli infortuni, prima compito degli ispettori di fabbrica, diventa una competenza della Suva. Fin da subito l’INSAI fu attivo nel settore della riabilitazione, in particolare con la gestione di un istituto termale a Baden (1928).
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Lengwiler Martin (2006), Risikopolitik im Sozialstaat: Die schweizerische Unfallversicherung (1870–1970), Köln; HLS / DHS / DSS: Assicurazione contro gli infortuni; Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni INSAI/SUVA.
(12/2014)
Il 19 dicembre 1912 il Parlamento approvò la creazione dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS), il primo ente federale a essere chiamato ufficio federale. Esso faceva parte del dipartimento per il commercio, l’industria e l’agricoltura (oggi Dipartimento federale federale dell'economia, della formazione e della ricerca) e la sua prima sede fu presso l’edificio della Banca nazionale a Berna. Una delle attività dell’UFAS era la messa in atto della legge federale sull’assicurazione contro le malattie e gli infortuni (LAMI), in particolare la vigilanza sull’INSAI nonché il riconoscimento e il sovvenzionamento delle casse malati. L’ufficio era pure responsabile di altri lavori preliminari nel settore dell’assicurazione sociale e per gli accordi con l’estero. L’UFAS comprendeva allora sei collaboratori regolari: un direttore, un assistente, un esperto, un matematico e due impiegati di cancelleria.
La nuova unità amministrativa era la conseguenza organizzativa della votazione popolare del 4 febbraio 1912, in cui fu approvata la LAMI. Fin dall’inizio il Consiglio federale si premurò affinché il nuovo ufficio potesse disporre delle necessarie conoscenze nell’ambito assicurativo e fosse diretto da “specialisti delle assicurazioni”. A tale scopo fu considerata, ma subito respinta, un’eventuale unione con l’Ufficio federale delle assicurazioni (oggi Ufficio federale delle assicurazioni private), che dal 1886 sorvegliava le compagnie di assicurazione private. Il giurista assicurativo Hermann Rüfenacht fu scelto come direttore, dopo che il matematico Christian Moser, responsabile dell’Ufficio delle assicurazioni, ebbe rifiutato il posto.
Un altro motivo per la creazione di un nuovo ufficio era la questione dell’assicurazione invalidità e superstiti, cui l’introduzione della LAMI non aveva dato risposta. Il Consiglio federale era dell’opinione che in futuro lo Stato avrebbe dovuto disporre degli strumenti necessari per giustificare il necessario ampliamento della sua legislazione e valutarne “le ripercussioni economiche”, poiché “solo così le autorità potranno difendere con determinazione e autorità i provvedimenti appropriati e opporsi con argomenti validi alle pretese eccessive”.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Bundesamt für Sozialversicherungen (1988), Geschichte, Aufgaben und Organisation des Bundesamtes fürs Sozialversicherung (Sonderdruck aus der Zeitschrift für die Ausgleichskassen, 1988, Nr. 7–9), Bern.
(12/2014)
All’inizio della Prima Guerra mondiale, la Svizzera, come gli altri paesi europei, aveva previsto un conflitto di breve durata. Le autorità avevano pianificato male l’economia di guerra. Anche nell’ambito della politica sociale le misure per attenuare la dilagante inflazione si fecero attendere. Non esisteva né un’indennità per la perdita di guadagno dei soldati, né una sorveglianza dei prezzi; solo negli ultimi due anni le autorità razionarono gli alimenti di base come il pane e il latte. Inoltre il Consiglio federale allentò la legge sul lavoro nelle fabbriche e dispose blocchi dei salari nelle aziende pubbliche. Si ebbero così delle perdite dello stipendio reale del 25-30 per cento, un precario approvvigionamento di alimenti e penuria degli alloggi. Nell’estate 1918 le persone in situazione di povertà erano 692'000, circa il 17 per cento della popolazione. Nelle città queste cifre erano ancora più elevate. Nell’autunno del 1918, la popolazione, già indebolita, fu colpita anche dall’influenza spagnola, che causò 25'000 vittime, cioè lo 0,6 per cento della popolazione del 1920.
Furono soprattutto i Cantoni e i comuni ad adottare misure d’emergenza. Spesso in collaborazione con associazioni femminili di utilità pubblica organizzarono centri per la distribuzione di alimenti e pasti caldi e punti di incontro per gli operai. La Confederazione sovvenzionò soprattutto l’assistenza ai disoccupati. Inoltre, prevedendo un aumento della disoccupazione, nel 1917 creò un fondo di previdenza, alimentato dai contributi di guerra. Con i comuni e i datori di lavoro, la Confederazione offrì sostegno alle persone disoccupate. Sovvenzionò pure le casse di disoccupazione, spesso promosse dai sindacati, e favorì a livello fiscale enti di previdenza privati.
Il peggioramento della situazione sociale portò a una polarizzazione della politica interna, a proteste e scioperi, culminati nello sciopero nazionale del novembre 1918. Il comitato d’azione di Olten, che coordinava le azioni del movimento operaio, formulò in primo luogo delle richieste inerenti alla politica sociale: l’introduzione della settimana di 48 ore, la garanzia dell’approvvigionamento alimentare e l’introduzione di un’assicurazione invalidità e vecchiaia, in sospeso dal 1912.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Tabin Jean-Pierre et al. (2010 [2008]), Temps d’assistance. L’assistance publique en Suisse romande de la fin du XIXe siècle à nos jours, Lausanne; HLS / DHS / DSS: Guerra mondiale, Prima; Grippe.
(12/2014)
Prima del 1914, al di fuori della cerchia ristretta degli enti pubblici, le casse pensioni erano ancora rare e nel settore privato solo una manciata di imprese forniva prestazioni di vecchiaia ai propri dipendenti. La situazione cambiò nel 1916, quando la Confederazione decise di esonerare dall’imposta sui profitti di guerra gli importi versati agli istituti di previdenza: la misura fiscale provocò un’ondata di nuove casse pensioni, sopratutto in settori come l’industria metalmeccanica. Tra il 1911 e il 1930 il numero di istituti si decuplicò, passando da un centinaio a più di mille. Ma questo fermento celava grandi differenze: se nel 1930 due terzi dei dipendenti del settore pubblico erano affiliati a una cassa pensioni, nel settore privato solo un dipendente su dieci disponeva di una previdenza professionale.
Oltre a rivestire un evidente ruolo fiscale, gli istituti di previdenza contribuirono altresì a riappacificare i rapporti sociali nell’industria dopo lo sciopero generale e a fidelizzare i dipendenti alle imprese. Questa prima fase di espansione si spiega anche con i ritardi e gli ostacoli che caratterizzarono l’introduzione dell’AVS. Nel periodo tra le due guerre mondiali, la lobby della previdenza privata, riunita dal 1922 nell’associazione svizzera delle casse di soccorso e delle fondazioni per la vecchiaia e l’invalidità (Schweizerischer Verband der Unterstützungskassen und Stiftungen für Alter und Invalidität, SVUSAI), si affermò quale immancabile attore nei dibattiti sulle pensioni.
Anche gli assicuratori sulla vita occuparono una posizione strategica all’interno del dibattito: forti della loro esperienza nel campo della matematica attuariale (ossia l’insieme dei metodi di calcolo dei rischi in ambito assicurativo), prestarono consulenza alla Confederazione per l’elaborazione dei primi progetti per l’AVS. Dal 1920, le loro compagnie svilupparono però anche il mercato della previdenza mediante contratti collettivi destinati alle imprese che desideravano offrire delle prestazioni pensionistiche senza dover gestire una propria cassa pensioni. Il peso finanziario della previdenza privata raggiunse già allora un livello considerevole: all’alba della Seconda Guerra mondiale le riserve delle casse pensioni superavano il 25 per cento del prodotto interno lordo.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu (2008), Solidarity without the state? Business and the shaping of the Swiss welfare state, 1890–2000, Cambridge; Leimgruber Matthieu (2006), La politique sociale comme marché. Les assureurs vie et la structuration de la prévoyance vieillesse en Suisse (1890–1972), Studien und Quellen, 31, 109–139, Zürich; HLS / DHS / DSS: Casse pensioni.
(12/2014)
In virtù del trattato di Versailles e nell’ambito della Società delle Nazioni, nel 1919 fu fondata l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Dopo la Prima Guerra mondiale, l’OIL e il relativo Ufficio internazionale del lavoro, che hanno tuttora sede a Ginevra, furono responsabili della protezione dei lavoratori a livello internazionale e della politica sociale transnazionale. L’OIL fu creata partendo dall’idea che una pace duratura dipendesse dalla realizzazione di una giustizia sociale. Nell’Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori, considerata come organizzazione filogovernativa precorritrice dell’OIL, il movimento operaio e sindacale aveva avuto un ruolo secondario. Con l’OIL le cose cambiarono: tutte le delegazioni nazionali erano (e sono tutt’ora) formate da due delegati governativi, un rappresentante dei lavoratori e uno degli imprenditori.
Ancora prima che l’OIL iniziasse la sua attività, a Washington ebbe luogo la Conferenza internazionale del lavoro. Qui furono adottate dodici proposte d’intesa, che prevedevano fra l’altro l’introduzione della settimana di 48 ore, misure contro la disoccupazione e per la protezione delle donne, delle madri e dei minorenni nell’industria. Per la Svizzera queste decisioni erano particolarmente importanti, poiché permisero di inserire nell’agenda politica la copertura finanziaria della maternità. Per motivi finanziari il Consiglio federale e il Parlamento respinsero la ratifica della relativa convenzione, contrariamente a quanto avvenne per altre disposizioni speciali per la protezione della donna. L’Ufficio federale delle assicurazioni sociali ricevette tuttavia il compito di valutare l’eventuale integrazione dell’assicurazione maternità nell’assicurazione malattia. La riforma fallì attorno alla metà degli anni 1920. Poco prima della Seconda guerra mondiale, la stessa sorte toccò a una seconda proposta. In generale, fino alla fine della Seconda Guerra mondiale, la Svizzera è stata estremamente retticente nel rattificare le convenzioni dell’OIL: solo 3 delle 15 convenzioni sono state adottate.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Herren-Oesch Madeleine (2009), Internationale Organisationen seit 1865. Eine Globalgeschichte der internationalen Ordnung, Darmstadt; Wecker Regina, Studer Brigitte, Sutter Gaby (2001), Die ‚schutzbedürftige Frau‘. Zur Konstruktion von Geschlecht durch Mutterschaftsversicherung, Nachtarbeitsverbot und Sonderschutzgesetzgebung, Zürich; Kneubühler Helen Ursula (1982), Die Schweiz als Mitglied der Internationalen Arbeitsorganisation, Bern; HLS / DHS / DSS: Organizzazione internazionale del lavoro OIL.
(12/2014)
Già prima della Prima Guerra mondiale, il Consiglio federale e il Parlamento avevano respinto la creazione di un’assicurazione contro la disoccupazione. Anche la legge federale concernente i sussidi all'assicurazione contro la disoccupazione del 1924 non prevedeva un’assicurazione obbligatoria. La Confederazione si limitava a versare sussidi alle già esistenti casse di disoccupazione pubbliche e private. La funzione sociale del sostegno ai disoccupati fu così delegata a 61 casse – per la maggior parte sostenute dai sindacati – che nel 1923 contavano circa 185'000 assicurati.
Questa regolamentazione, che comprendeva solo il 10 per cento dei lavoratori, si rifaceva ampiamente alla politica vigente. Nel 1884 l’Unione svizzera dei tipografi fondò la prima cassa contro la disoccupazione; altre casse furono create in vari settori professionali. All’inizio del 1900 singoli Cantoni iniziarono a sovvenzionare questo genere di casse secondo l’esempio della città belga di Gent. Dal 1909, la Confederazione promosse a sua volta il collocamento. Tuttavia, Parlamento e Confederazione continuarono a procrastinare l’istituzione dell’assicurazione richiesta dai lavoratori. A partire dal 1917, a causa del previsto aumento dei disoccupati, comuni, Cantoni e Confederazione svilupparono l’assistenza ai lavoratori disoccupati in difficoltà. Parallelamente la Confederazione partecipò al sistema di Gent adottato dai Cantoni. Questo sistema di finanziamento continuò anche dopo l’abolizione delle rimanenti misure di crisi e nel 1924 fu ancorato nella legge.
Questa legge portò a un seppur modesto sviluppo delle casse di disoccupazione. Nel 1936, presso le 204 casse esistenti erano assicurate 552'000 persone, che corrispondevano a soltanto 28 per cento dei lavoratori. Perlomeno, però, circa la metà dei Cantoni aveva reso obbligatoria l’assicurazione. Come auspicato dalla maggioranza borghese in parlamento, le casse dei sindacati furono indebolite dalla legge del 1924, che accordava a quest’ultime contributi inferiori rispetto alle casse pubbliche e a quelle organizzate dai datori di lavoro.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Tabin Jean-Pierre, Togni Carola (2013), L’assurance chômage en Suisse. Une socio-histoire (1924-1982), Lausanne; HLS / DHS / DSS: Assicurazione contro la disoccupazione AD.
(12/2014)
Nel 1925 il popolo fu chiamato per la prima volta alle urne per decidere sull’istituzione di un’assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti e contro l'invalidità. Due terzi dei votanti e 16 ½ Stati approvarono la base costituzionale per l’introduzione di un’AVS obbligatoria. Inoltre la Confederazione ottenne la competenza per la successiva introduzione dell’AI. Dopo la legge sull’assicurazione contro le malattie e gli infortuni del 1912, questa era la seconda tappa verso la realizzazione di un’assicurazione sociale basata non più sul principio di assistenza, ma su diritti individuali degli assicurati.
Il centrosinistra e parte del movimento operaio, sotto l’influsso dell’assicurazione sociale di Bismarck, avevano chiesto già negli anni 1880 l'introduzione dell'assicurazione vecchiaia, superstiti e invalidità (AVS/AI), ad esempio in occasione delle discussioni sulla base costituzionale per la LAMI. Nel 1912 l’AVS/AI figurava definitivamente nell’ordine del giorno del Parlamento, ma lo scoppio della guerra rallentò le trattative. Perfino i partiti borghesi aderirono all’idea dello Stato sociale, anche perché speravano che le concessioni nei confronti della sinistra avrebbero attenuato le tensioni nate dopo lo sciopero nazionale. Nel 1919 il Consiglio federale presentò il suo messaggio.
Ma questo slancio a favore della politica sociale durò poco. A causa della crisi del dopoguerra, il blocco borghese, in ascesa, mise in discussione il metodo di finanziamento proposto dal Consiglio federale. Restò controversa soprattutto la questione del finanziamento dell’AVS/AI, in particolare se essa dovesse essere finanziata per mezzo di imposte dirette, come proposto nell’iniziativa del Consigliere nazionale liberale Christian Rothenberger respinta nel 1925. Per evitare il fallimento del progetto, il Consiglio federale, sotto la guida di Edmund Schulthess, propose di rinunciare all’AI e di snellire i punti controversi di questa versione. Il Parlamento approvò il compromesso, pur riservandosi di ritornare in un secondo tempo sulla realizzazione dell’AI. Il nuovo articolo 34quater non conteneva indicazioni vincolanti sul finanziamento, le prestazioni e l’organizzazione dei nuovi rami assicurativi. Questi aspetti dovevano essere chiariti per via legislativa.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu (2008), Solidarity without the state? Business and the shaping of the Swiss welfare state, 1890–2000, Cambridge; Pellegrini Luca (2006), L’assurance vieillesse, survivants et invalidité : ses enjeux finanicer entre 1918 et 1925, Studien und Quellen, 31, 79–107; Lasserre André (1972), L'institution de l'assurance-vieillesse et survivants (1889–1947), in R. Ruffieux (ed.), La démocratie référendaire suisse au 20ème siècle, 259–326, Fribourg; HLS / DHS / DSS: Previdenza per la vecchiaia.
(12/2014)
Il 6 dicembre 1931 i votanti respinsero con il 60 per cento di voti contrari il primo progetto dell’AVS, che avrebbe portato alla realizzazione dell’assicurazione vecchiaia e superstiti, la cui introduzione era stata fondamentalmente approvata nel 1925. Per la “Neue Zürcher Zeitung” questo esito rappresentava una “sconfitta devastante” per la causa dello Stato sociale, tanto più che il progetto respinto proponeva una soluzione alquanto modesta, che, come affermato dal Consiglio federale, intendeva garantire soltanto una “previdenza sociale minima”. Esso prevedeva un’assicurazione obbligatoria, rendite uniformi di 200 franchi all’anno dal 66° anno di età e contributi per i bisognosi. Il finanziamento a ripartizione si basava su percentuali del salario e su imposte su alcol e tabacco. Dal punto di vista organizzativo era prevista una struttura decentralizzata costituita da casse d’assicurazione cantonali. Inoltre i Cantoni avrebbero avuto l’autorizzazione di creare delle assicurazioni complementari, a condizione che esse non interferissero con la previdenza professionale privata. Nel 1931 cinque Cantoni disponevano già di questo tipo di casse.
Nonostante le critiche del partito socialdemocratico per il minimalismo del progetto e l’atteggiamento piuttosto attendista degli ambienti economici, esso aveva ottenuto il consenso dei maggiori partiti e delle associazioni. Ma la crisi economica mondiale incombente favorì gli oppositori dell’AVS, che sfruttavano in modo mirato le tendenze anti-centraliste e anti-moderniste. Come avvenne per il rigetto della Legge Forrer (1900), gli oppositori formarono una coalizione eterogenea: dei liberali conservatori della Svizzera romanda e dei rappresentanti degli agricoltori intravvedevano il rischio dello “statalismo” e i contributi a loro dire eccessivi a carico degli assicurati, mentre i conservatori cattolici ritenevano che un’assicurazione popolare avrebbe indebolito il senso di responsabilità individuale e la previdenza privata. Poco prima della votazione, il comitato referendario presentò un’iniziativa sull’assistenza per gli anziani, basata sul principio del bisogno, come alternativa all’AVS. In seguito al fallimento del progetto dell’AVS, il compito di rimediare alla povertà degli anziani, quando non era presa a carico da assicurazioni private o cantonali, continuò a essere appannaggio dell’assistenza comunale fino alla Seconda Guerra mondiale.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu (2008), Solidarity without the state? Business and the shaping of the Swiss welfare state, 1890–2000, Cambridge; Lengwiler Martin (2003), Das Drei-Säulen-Konzept und seine Grenzen: private und berufliche Altersvorsorge in der Schweiz im 20. Jahrhundert, Zeitschrift für Unternehmensgeschichte, 48, 29–47; HLS / DHS / DSS: Previdenza per la vecchiaia.
(12/2014)
La crisi economica mondiale pose lo Stato sociale di fronte a una sfida importante. La crisi colpì relativamente tardi la Svizzera, che nella seconda metà degli anni 1920 aveva attraversato un periodo di sviluppo. In compenso, la ripresa congiunturale si fece attendere fino al 1937. La crisi provocò una riduzione del reddito nazionale del 20 per cento circa. Nell’inverno del 1936 la disoccupazione salì al 7 per cento. La situazione della popolazione fu resa ancora più difficile dalla politica economica deflazionistica dei partiti e delle associazioni borghesi, che rimasero fedeli alla parità aurea del franco, portarono avanti una politica di bilancio e tributaria restrittiva, ridussero gli stipendi e intervennero in modo selettivo nell’economia – ad esempio a favore dell’agricoltura. L’ala borghese si schierò contro una politica attiva della spesa pubblica (deficit spending), come richiesto dall’iniziativa anti-crisi dell’Unione sindacale svizzera, respinta in votazione nel 1935.
La conseguenza della crisi e della titubante politica per affrontarla fu il netto aumento delle persone bisognose, che raggiunse quasi il 20 per cento della popolazione. Tra il 1929 e il 1937, a Neuchâtel e in altre città, il budget dell’assistenza sociale raddoppiò. A essere colpiti furono in particolare gli anziani e le persone con disabilità, che disponevano di scarse risorse. Come avevano fatto durante e dopo la guerra, le città organizzarono la distribuzione di piatti caldi e ricoveri per i senzatetto. Le lavoratrici e i lavoratori coperti dall’assicurazione contro la disoccupazione continuavano a essere meno di un terzo. La crisi provocò quindi un aumento delle spese – e del numero di membri – delle casse disoccupazione. Alla fine del 1931, la Confederazione riprese a sostenere le persone in cerca di lavoro che avevano esaurito il diritto alle indennità di disoccupazione – attività sospesa nel 1924 – lasciando però ricadere sui Cantoni e i comuni la maggior parte del carico dell’assistenza alle persone disoccupate. Solo in seguito all’iniziativa anti-crisi della sinistra, la Confederazione partecipò all’attuazione di programmi di occupazione, le cui ripercussioni si fecero però attendere fin dopo la svalutazione del franco svizzero nel settembre del 1936 e la successiva lenta ripresa.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Müller Margrit, Woitek Ulrich (2012), Wohlstand, Wachstum und Konjunktur, in P. Halbeisen, M. Müller, B. Veyrasset (ed.), Wirtschaftsgeschichte der Schweiz im 19. Jahrhundert, 91–222, Basel; Tabin Jean-Pierre et al. (2010 [2008]), Temps d’assistance. L’assistance publique en Suisse romande de la fin du XIXe siècle à nos jours, Lausanne; HLS / DHS / DSS: Crisi economico mondiale.
(12/2014)
Nel 1935, il Congresso americano approvò il Social Security Act (SSA), che segnò il punto di partenza della sicurezza sociale federale negli USA. Fino agli anni 1930, negli USA il welfare pubblico era molto rudimentale. Fatta eccezione per l’assistenza ai veterani di guerra, solo in alcuni Stati federali esistevano delle assicurazioni disoccupazione e vecchiaia. Solo il 15 per cento dei lavoratori e delle lavoratrici era assicurato presso enti privati. Il SSA faceva parte del New Deal, con il quale il presidente Franklin D. Roosevelt intendeva lenire le conseguenze della crisi economica mondiale – disoccupazione e miseria di massa –, rilanciare l’economia e riformare l’ordinamento sociale ed economico. Inoltre egli adottò delle misure per contrastare la disoccupazione, stabilizzare il settore bancario e controllare i prezzi e le condizioni di lavoro.
Nel 1935, il SSA comprendeva un’assicurazione vecchiaia e contributi ai programmi assistenziali federali; nel 1939 si aggiunse un’assicurazione superstiti e nel 1955 un’assicurazione invalidità. La Old Age Insurance (OAI) si basava sul sistema di ripartizione, che non richiedeva alcuna formazione di riserve. Dopo la Seconda Guerra mondiale essa fu presa a modello per le assicurazioni di rendita da molti altri Stati. L’OAI era finanziata attraverso contributi proporzionali al reddito, versati in parti uguali dalle persone salariate e dai datori di lavoro. Il SSA fu introdotto gradatamente: fino al 1937 si distribuirono le tessere assicurative e si sviluppò l’apparato amministrativo, nel 1940 furono versate le prime rendite. Il consolidamento durò fino al periodo post-bellico et la cerchia dei contribuenti si estese progressivamente. Poiché le prestazioni – come più tardi per l’AVS svizzera – coprivano solo il fabbisogno di base, il SSA non ostacolò in nessun modo lo sviluppo di strategie previdenziali complementari, come ad esempio la previdenza professionale.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu (2008), Solidarity without the state? Business and the shaping of the Swiss welfare state, 1890–2000, Cambridge; Website Social Security Administration, Social Security History: www.ssa.gov/history.
(12/2014)
A prima vista, la Seconda Guerra mondiale segnò una svolta importante nella storia della sicurezza sociale in Svizzera. Tra il 1938 e il 1944 la quota delle prestazioni sociali sul prodotto nazionale lordo passò dal 4,7 al 6,9 per cento – un tasso che fu di nuovo raggiunto solo alla metà degli anni 1950. Contrariamente a quanto avvenne durante la Prima Guerra mondiale, i soldati ricevettero un’indennità per perdita di guadagno (IPG), laquale contribuì a evitare conflitti sociali e a consolidare la solidarietà nazionale. A livello organizzativo e finanziario l’IPG gettò le basi per l’assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS), aprendo la via all’affermazione del principio dell’assicurazione popolare obbligatoria nel 1948.
Lo sviluppo della politica sociale durante e dopo la Seconda Guerra mondiale rimase tuttavia modesto. Dopo la guerra, la quota delle prestazioni sociali diminuì e riprese a salire solo nel 1949. Inoltre, l’ampliamento della sicurezza sociale si fermò all’AVS, che oltretutto prevedeva rendite molto modeste, favorendo la previdenza professionale facoltativa. Restavano ancora da introdurre, ad esempio, un’assicurazione malattie e contro la disoccupazione obbligatorie. Nel 1945, l’assicurazione maternità e gli assegni familiari ottennero una base costituzionale, ma per la loro introduzione si dovette attendere alcuni decenni. Anche a livello organizzativo la situazione cambiò poco. La centralizzazione era ridotta al minimo; importanti rami assicurativi facevano capo a strutture federalistiche e decentralizzate (casse di compensazione, enti assicurativi privati) o erano facoltativi (assicurazione malattie, previdenza professionale).
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu, Lengwiler Martin (ed.) (2009), Umbruch an der ‚inneren Front‘. Krieg und Sozialpolitik in der Schweiz 1938–1948, Zürich; HLS / DHS / DSS: Guerra mondiale, Seconda.
(12/2014)
Con lo scoppio della Seconda Guerra mondiale, la massima priorità fu data alla sicurezza economica dei soldati e delle loro famiglie. Durante la Prima Guerra mondiale, la mancanza di una rete di sostegno aveva notevolmente contribuito all’acutizzarsi delle tensioni sociali, poiché coloro che prestavano servizio al fronte non ricevevano altro stipendio che il soldo. Anche dopo la guerra, lo Stato non era tenuto a indennizzare i militari per le perdite di salario subite. Nell’economia privata le regole variavano a seconda dei settori e delle categorie di lavoratori. Il 20 dicembre 1939 il Consiglio federale decise quindi l’introduzione di una prima indennità per perdita di salario. Nel 1940 l’indennità per perdita di salario e di guadagno (IPG) fu estesa anche ai lavoratori indipendenti. L’assicurazione, finanziata con contributi dei salariati e dei datori di lavoro (2 per cento del salario), della Confederazione e dei Cantoni, garantiva ai militi sposati fino al 90 per cento del loro salario. Per i celibi la prestazione rimase piuttosto modesta. Per assecondare i datori di lavoro, il Consiglio federale assegnò il disbrigo della maggior parte delle procedure assicurative alle casse di compensazione professionali. L’unica istituzione federale era il Fondo centrale di compensazione, che riequilibrava i conti delle singole casse.
Dopo l’assicurazione contro gli infortuni, l’IPG era il secondo ramo assicurativo obbligatorio in Svizzera. Il suo rapido successo ne fece ben presto un modello per l’AVS. L’IPG non tutelava però solo dalla perdita di guadagno e dalla povertà. La sua impostazione relativamente generosa disincentivava le donne sposate dall’esercitare un’attività lucrativa, contribuendo quindi a consolidare la ripartizione dei ruoli e la concezione della famiglia tradizionali.
Fino al 1947 l’IPG versò complessivamente 1640 milioni di franchi. Contemporaneamente le eccedenze del Fondo centrale di compensazione raggiunsero i 1165 milioni di franchi. La maggior parte di questi mezzi avrebbe costituito, nel 1947, il capitale di partenza dell’AVS, il che favorì notevolmente la creazione della nuova assicurazione sociale. Fino alla sua riorganizzazione del 1958/61 l’IPG si finanziò con riserve proprie e contributi federali.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu (2009), Schutz für Soldaten nicht für Mütter. Lohnausfallentschädigung für Dienstleitende und Sozialversicherungen in der Schweiz, in M. Leimgruber, M. Lengwiler (ed.), Umbruch an der ‚inneren Front‘. Krieg und Sozialpolitik in der Schweiz 1938–1948, 75–99, Zürich; HLS / DHS / DSS: Indennità per perdita di guadagno.
(12/2014)
Nel novembre 1942 in Gran Bretagna fu pubblicato il Report to the Parliament on Social Insurance and Allied Services. Apparso all’epoca della svolta della Seconda Guerra mondiale, che iniziò a profilarsi dopo lo sbarco degli alleati in Nord Africa e la sconfitta della Germania a Stalingrado, questo rapporto ebbe subito un enorme successo: ne furono stampati oltre 600'000 esemplari. Il suo autore, l’economista ed esperto di politica sociale William Henry Beveridge, era stato incaricato dal Governo di analizzare i sistemi di sicurezza sociale. Egli abbozzò un modello della sicurezza sociale in cui tutti i cittadini avrebbero versato un contributo settimanale a un ente nazionale, assicurandosi così contro rischi quali le malattie, l’invalidità o la disoccupazione. Beveridge riteneva che fosse compito dello Stato proteggere i cittadini e le cittadine “dalla culla alla bara” («from cradle to the grave») e lottare contro i cinque “grandi mali” (Giant Evils): miseria, malattia, ignoranza, impoverimento (Squalor) e ozio (Idleness). Le proposte di Beveridge di estendere e riunire le varie assicurazioni sociali in un’ampia assicurazione popolare basata su una comunione dei rischi a livello nazionale, confluirono direttamente nei programmi di riforma del governo laburista, che nell’estate del 1945 subentrò al governo di coalizione di Churchill. In breve tempo furono ampliate le assicurazioni sociali e colmate le lacune del sistema previdenziale. Nel 1948 il servizio sanitario nazionale (National Health Service) iniziò la sua attività. Queste riforme rientravano in vasti programmi di pianificazione e statalizzazione.
Il modello assistenziale di Beveridge suscitò grande interesse anche in Svizzera. Tuttavia ben presto l’autonomia nazionale prese il sopravvento. Il “rapporto Bohren” dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali del maggio 1943 giunse quindi alla conclusione che il piano Beveridge, a prescindere dalle esigenze finanziarie, non era compatibile né con il regime federalista della Svizzera, né con il coinvolgimento di enti non-statali. La discussione sullo sviluppo della sicurezza sociale, che anche in Svizzera iniziò nel 1942, rimase circoscritta fin dall’inizio a singoli rami previdenziali, in particolare l’AVS e la tutela della famiglia.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu, Lengwiler Martin (ed.) (2009), Umbruch an der ‚inneren Front‘. Krieg und Sozialpolitik in der Schweiz 1938–1948, Zürich; Monachon Jean-Jacques (2002), Le plan Beveridge et les débats sur la sécurité sociale en Suisse entre 1942 et 1945, in H.-J. Gilomen, S. Guex, B. Studer (ed.), De l’assistance à l’assurance sociale. Ruptures et continuités du Moyen Age au XXe siècle, 321–329, Zürich.
(12/2014)
Il 25 novembre 1945 i votanti approvarono il controprogetto del Consiglio federale e del Parlamento all’iniziativa popolare “Protezione della famiglia”. Il nuovo articolo 34quinquies ancorò la tutela della famiglia nella Costituzione federale e conferì alla Confederazione la competenza di legiferare in materia di casse di compensazione per gli assegni familiari, di istituire un’assicurazione per la maternità e di promuovere la costruzione di alloggi per le famiglie. L’iniziativa, ritirata a favore del controprogetto, avrebbe invece dichiarato la famiglia come “base della società e dello Stato” e preteso da parte della Confederazione una politica economica e sociale interamente orientata sui bisogni delle famiglie. Anch’essa prevedeva la creazione di casse di compensazione per il versamento di assegni familiari o assegni per i figli.
Con l’iniziativa popolare “Protezione della famiglia” il partito cattolico conservatore intervenne nella discussione sull’ordinamento postbellico con un progetto di politica sociale fortemente ispirato alla dottrina sociale cattolica. Ponendo in primo piano l’”unità naturale” della famiglia, creò un’alternativa all’AVS richiesta dalla sinistra e dai liberali. Di fronte alla diminuzione delle nascite e all’aumento dei divorzi, negli anni 1930 l’idea della tutela della famiglia tradizionale aveva trovato appoggio anche al di fuori dell’ambiente cattolico, come ad esempio nella Commissione per la tutela della famiglia della Società svizzera di utilità pubblica. Anche il numero di casse di compensazione per assegni familiari era aumentato già prima della fine della guerra.
I postulati di politica sociale approvati nel gennaio 1945, rimasero tuttavia l’ultima ruota del carro dello Stato sociale. Le casse di compensazione per gli assegni familiari furono perlopiù regolamentate a livello cantonale e privato e solo nel 2006 una legge federale creò la base per un’armonizzazione. Le iniziative per l’assicurazione maternità del 1984, 1987 e 1999 furono respinte. Si dovette aspettare fino al 2004 affinché fosse accettata una soluzione nell’ambito del regime delle indennità per perdita di guadagno.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Schumacher Beatrice (2009), Familien(denk)modelle. Familienpolitische Weichenstellungen in der Formationsphase des Sozialstaats (1930–1945), in M. Leimgruber, M. Lengwiler (ed.), Umbruch an der ‚inneren Front‘. Krieg und Sozialpolitik in der Schweiz 1938–1948, 139–164, Zürich; Hauser Karin (2004), Die Anfänge der Mutterschaftsversicherung. Deutschland und Schweiz im Vergleich, Zürich; Studer Brigitte (1997), Familienzulagen statt Mutterschaftsversicherung? Die Zuschreibung der Geschlechterkompetenzen im sich formierenden Schweizer Sozialstaat, 1920–1945, Schweizerische Zeitschrift für Geschichte, 47, 151–170; HLS / DHS / DSS: Maternità; Assegni familiari.
(12/2014)
Il 6 luglio 1947 il popolo votò a favore della creazione dell’AVS, lo stesso giorno il approvò la riforma degli articoli di ordine economico della Costituzione federale, che, nell’interesse comune della nazione, conferiva alla Confederazione il diritto di intervenire nell’economia e sanciva la partecipazione delle associazioni industriali. Entrambi i decreti costituirono il fondamento per il compromesso di base postbellico.
La nuova assicurazione sociale prevedeva l’età di pensionamento di 65 anni per entrambi i sessi, il finanziamento attraverso contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro, oltre che della Confederazione e dei Cantoni, come pure rendite per anziani, vedove e orfani commisurate ai versamenti contributivi. Le rendite furono mantenute a un livello modesto per non fare concorrenza alla previdenza privata (rendita semplice di vecchiaia: da 40 a 125 franchi mensili per un salario medio di 745 franchi nel settore dell’industria). Per la generazione che aveva già raggiunto l’età di pensionamento erano previste rendite transitorie in funzione del bisogno. Per quanto riguarda l’organizzazione, l’AVS riprese il sistema decentralizzato delle casse di compensazione professionali o cantonali, sperimentato con successo nel regime di indennità per perdita di salario e di guadagno (IPG).
L’AVS era figlia del clima di cambiamento politico che nel 1942/43 aveva coinvolto anche la Svizzera. La vittoria degli alleati iniziò a delinearsi e con il rapporto Beveridge si profilarono nuove opzioni nella politica sociale. Nel 1942 un’iniziativa popolare sostenuta dalla sinistra e dai liberali aveva chiesto di trasformare l’IPG in AVS. Dopo le prime esitazioni, all’inizio del 1944 il Consiglio federale istituì una commissione di esperti e due anni dopo presentò al Parlamento un progetto di legge. Grazie ai suoi pieni poteri, nell’ottobre 1945 accolse la richiesta dell’unione sindacale e versò provvisoriamente le eccedenze del regime IPG alla previdenza per la vecchiaia. Il Parlamento avallò questa decisione, che allo stesso tempo permise di risolvere il problema del finanziamento dell’AVS. La legge sull’AVS fu quindi approvata a grande maggioranza dal Parlamento. Ciononostante, come già accaduto nel 1931 con il primo progetto dell’AVS, una coalizione della Svizzera occidentale di liberali, cattolici conservatori e rappresentanti dell’industria, lanciò il referendum. Questa volta i voti favorevoli raggiunsero però un consistente 80 per cento.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu (2008), Solidarity without the state? Business and the shaping of the Swiss welfare state, 1890–2000, Cambridge; Luchsinger Christine (1995), Solidarität, Selbständigkeit, Bedürftigkeit: der schwierige Weg zu einer Gleichberechtigung der Geschlechter in der AHV: 1939-1980, Zürich; Luchsinger Christine (1994), Sozialstaat auf wackligen Beinen. Das erste Jahrzent der AHV, in J.-D. Blanc, C. Luchsinger (ed.), achtung: die 50er Jahre! Annäherungen an eine widersprüchliche Zeit, 51–69, Zürich; HLS / DHS / DSS: Assicurazione vecchiaia e superstiti AVS.
(12/2014)
Fino alla Seconda Guerra Mondiale il sistema delle assicurazioni sociali rimase relativamente poco sviluppato. Il primo tentativo di introdurre un’assicurazione statale per la vecchiaia e i superstiti si infranse, nel 1931, contro le preoccupazioni di stampo federalistico di chi temeva istituzioni statali centrali. Fu lo scoppio del conflitto mondiale a determinare la svolta. Diversa la situazione della previdenza professionale privata, che, fra le due Guerre, conobbe una fase di grande sviluppo.
Nei decenni successivi al 1945 furono introdotte, una dopo l’altra, nuove forme di assicurazione obbligatoria: l’AVS (1948), l’AI (1960), le prestazioni complementari (1966), l’assicurazione contro la disoccupazione (1976) e la previdenza professionale (1985). Delle riforme vennero attuate anche nel campo dell’assistenza sociale. Tra il 1950 e il 1990 la quota degli oneri sociali (rapporto tra le entrate delle assicurazioni sociali e il prodotto interno lordo), che esprime il grado in cui le entrate delle assicurazioni sociali gravano sull’economia nazionale, registrò un drastico aumento. Pari al 10 per cento nel 1950, essa raggiunse il 15 per cento nel 1973, per arrivare al 21 per cento nel 1990.
Allo sviluppo dello Stato sociale fece inizialmente da sfondo la crescita economica del Dopoguerra, caratterizzato da tassi di crescita elevati, da una curva ascendente dei salari, dalla piena occupazione e dall’ampliamento delle attività dello Stato. Alla metà degli anni 1970, tuttavia, la crescita subì una temporanea battuta d’arresto e, fino al 1990, la situazione economica fu caratterizzata da un’alternanza di alti e bassi congiunturali. Poiché, in quegli anni, crebbe lo scetticismo dei partiti borghesi, delle imprese e degli artigiani nei confronti di un ulteriore sviluppo delle assicurazioni sociali, l’accento fu posto sul loro consolidamento e su riforme mirate.
A dispetto di questa espansione senza eguali nella storia elvetica, la sicurezza sociale rimase a lungo lacunosa. Nel raffronto internazionale, la quota degli oneri sociali nel 1990 era assai modesta e, fino agli anni 1970, diversi rami assicurativi (p. es. l’assicurazione contro la disoccupazione) contemplavano soluzioni alquanto minimaliste. L’assicurazione malattie non era obbligatoria e l’introduzione dell’indennità di maternità e degli assegni familiari si trascinò per decenni, sebbene fosse stata decisa già nel 1945.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Studer Brigitte (2012), Ökonomien der sozialen Sicherheit, in P. Halbeisen, M. Müller, B. Veyrasset (ed.), Wirtschaftsgeschichte der Schweiz im 19. Jahrhundert, 923–974, Basel.
(12/2015)
Il 22 maggio 1949 la maggioranza dei cittadini elvetici respinse il progetto di modifica della legge del 1928 per la lotta contro la tubercolosi. Consiglio federale e Parlamento intendevano innanzitutto introdurre l’obbligo per la popolazione di sottoporsi a esami periodici effettuati secondo la tecnica, allora moderna, della schermografia. Attraverso questi esami era possibile depistare su larga scala, in modo rapido e affidabile, chi era affetto dalla malattia, pur non manifestandone ancora i sintomi. L’opposizione politica da parte degli ambienti borghesi, che portò al referendum e al fallimento del progetto, era diretta non solo contro gli esami medici obbligatori e i costi che ne sarebbero conseguiti, ma anche contro il fatto che il progetto avrebbe assoggettato all’obbligo assicurativo fasce della popolazione con un reddito modesto.
Oltre all’assicurazione malattie vera e propria, gli assicuratori offrivano assicurazioni facoltative contro la tubercolosi, che la Confederazione sosteneva versando contributi. Nel 1946, tre quarti degli assicurati – ovvero meno della metà della popolazione – erano affiliati a un’assicurazione complementare di questo tipo. La proposta di introdurre un’assicurazione obbligatoria partiva dalla riflessione che le persone infette non in grado di pagarsi le cure necessarie rappresentavano un rischio per la salute del resto della popolazione. Il progetto avrebbe dunque giovato innanzitutto alla profilassi.
Durante la campagna di voto il dibattito portò sulla possibilità che dietro la revisione della legge sulla tubercolosi, si celasse la volontà della Confederazione di introdurre l’obbligo di assicurarsi contro le malattie. Il responso delle urne non lasciò adito a dubbi: il 75 per cento dei votanti respinse il progetto, risultato che il Consiglio federale e l’Amministrazione interpretarono come un chiaro veto contro un’assicurazione obbligatoria.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Lengwiler Martin (2009), Das verpasste Jahrzehnt. Krankenversicherung und Gesundheitspolitik (1938–1949), in M. Leimgruber, M. Lengwiler (ed.), Umbruch an der ‹inneren Front›. Krieg und Sozialpolitik in der Schweiz 1938–1948, 165–184, Zürich; Gredig Daniel (2002), Von der „Gehilfin“ des Arztes zur professionellen Sozialarbeiterin. Professionalisierung in der sozialen Arbeit und die Bedeutung der Sozialversicherungen am Beispiel der Tuberkulosenfürsorge Basel (1911–1961), in: H.-J. Gilomen, S. Guex, B. Studer (ed.), Von der Barmherzigkeit zur Sozialversicherung. Umbrüche und Kontinuitäten vom Spätmittelalter bis zum 20. Jahrhundert, 221–241, Zürich; Immergut Ellen M. (1992), Health Politics. Interests and Institutions in Western Europe, Cambridge; HLS / DHS / DSS: Tubercolosi.
(12/2014)
Il boom economico del Dopoguerra non sarebbe stato possibile senza il massiccio risorso alla manodopera straniera. Da 285 000 nel 1950, le persone straniere in Svizzera passarono a 1 080 000 vent’anni dopo (ovvero dal 6,1 al 17,2% della popolazione residente). Alla manodopera italiana, che fu la prima ad arrivare in Svizzera, si affiancarono più tardi lavoratori e lavoratrici provenienti da altri Paesi del Sud europeo (Spagna, Portogallo e Jugoslavia). Nella maggior parte dei casi, i permessi di soggiorno erano di durata limitata cosicché gran parte della manodopera straniera doveva lasciare temporaneamente la Svizzera dopo meno di un anno (principio di rotazione). Fu solo alla metà degli anni 1960 che vennero adottate misure limitate per agevolare il domicilio stabile in Svizzera e il ricongiungimento familiare. In un clima politico sfavorevole alle persone immigrate (iniziative Schwarzenbach “contro l’inforestierimento della Svizzera”) la politica migratoria diventa più severa: la Confederazione prese alcuni provvedimenti per stabilizzare il numero di residenti stranieri in Svizzera, fissando, ad esempio, dei contingenti per singole imprese e Paesi.
Il reclutamento di forza lavoro proveniente dall’estero ebbe un impatto anche sulle assicurazioni sociali. Nel 1926 la Svizzera aveva aderito a una Convenzione dell’Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL) tesa a impedire discriminazioni nell’ambito dell’assicurazione contro gli infortuni. Sin dall’inizio le lavoratrici e i lavoratori stranieri cofinanziarono l’AVS. La Svizzera concluse con numerosi Stati accordi di sicurezza sociale per disciplinare in particolare l’erogazione di prestazioni all’estero. Le convenzioni siglate con l’Italia nel 1949, 1951 e 1962 semplificarono, ad esempio, il trasferimento di rendite AVS e AI verso la Penisola e sancirono l’obbligo di assicurarsi contro le malattie per i lavoratori italiani in Svizzera. Discriminazioni, in particolare a danno dei numerosi lavoratori e lavoratrici stagionali e dei dimoranti temporanei, continuarono invece a sussistere per quanto concerne le forme facoltative di assicurazione. Le persone con un permesso stagionale, ad esempio, non erano assicurate contro la disoccupazione e non beneficiavano di alcuna previdenza professionale.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Arlettaz Gérald, Arlettaz Silvia (2006), L’Etat social national et le problème de l’intégration des étrangers 1890 – 1925, Studien und Quellen, 31, 191–217; Gees Thomas (2006), Die Schweiz im Europäisierungsprozess. Wirtschafts- und gesellschaftspolitische Konzepte am Beispiel der Arbeitsmigrations-, Agrar- und Wissenschaftspolitik, Zürich; Mahnig Hans (ed.), Histoire de la politique de migration, d’asile et d’integration en Suisse depuis 1948, Zürich; HLS / DHS / DSS: Stranieri.
(12/2014)
Nel 1952 i delegati svizzeri alla 35a Conferenza internazionale del Lavoro (l’organo principale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, OIL, fondata nel 1919) approvarono, a Ginevra, la Convenzione 102 concernente le norme minime della sicurezza sociale. Nel 1945, dopo lo scioglimento della Società delle Nazioni, l’OIL fu trasformata in una delle organizzazioni speciali delle Nazioni Unite (ONU) e la Svizzera continuò a farne parte anche se non aderì all’ONU. La composizione tripartita e paritetica delle delegazioni nazionali alle conferenze periodiche (con rappresentanti delle autorità, dei lavoratori e dei datori di lavoro) venne mantenuta.
L’idea ispiratrice dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro era che solo la giustizia sociale e il rispetto dei diritti umani potessero garantire un ordinamento pacifico duraturo. L’OIL si adoperava quindi per armonizzare le politiche sociali dei Paesi membri. I lavori avviati nel 1948 per definire standard minimi nel campo della sicurezza sociale sfociarono, nel giugno del 1952, nella Convenzione 102, che introdusse norme per disciplinare nove ambiti (tra cui assistenza medica, vecchiaia, invalidità e maternità). L’osservanza di tali norme era verificata sulla base di criteri statistici (p. es. numero degli aventi diritto alle prestazioni di sicurezza sociale e ammontare delle stesse).
Come da consuetudine, i delegati della Confederazione approvarono la Convenzione. Il processo di ratifica, tuttavia, si rivelò problematico, perché il Consiglio federale constatò che la Svizzera adempiva gli obblighi previsti solo nell’ambito dell’assicurazione contro gli infortuni. Mancava in particolare un’assicurazione invalidità e le rendite AVS erano troppo basse. Secondo il Consiglio federale, ciò non doveva però indurre alla conclusione che in Svizzera la tutela sociale fosse insufficiente, perché a suo modo di vedere il vero problema era che il nuovo strumento internazionale non teneva conto delle specificità elvetiche. La Svizzera ratificò quindi le prime parti della Convenzione 102 solo nel 1977, vale a dire dopo l’introduzione dell’AI (1960), la revisione delle basi legali dell’AVS (1972) e l’introduzione degli assegni familiari a livello cantonale.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Kott Sandrine, Droux Joëlle (2013), Globalizing social rights. The International Labour Organization and beyond, Basingstoke; Kneubühler Helen Ursula (1982), Die Schweiz als Mitglied der Internationalen Arbeitsorganisation, Bern; HLS / DHS / DSS: Organizzazione internazionale del lavoro OIL.
(12/2014)
In Germania, la riforma delle pensioni fu lanciata nel 1957 dal cancelliere Adenauer in persona. Finalizzata innanzitutto a fondare un nuovo «contratto intergenerazionale» e a fungere da fattore d’integrazione per la giovane Repubblica, la riforma doveva anche risolvere i problemi riscontrati dalle assicurazioni sociali nel contesto del Dopoguerra.
Nonostante vari tentativi di introdurre una copertura sociale di base universale sul modello proposto da Beveridge, anche dopo la Seconda Guerra Mondiale venne mantenuto il modello previdenziale bismarckiano, ovvero un sistema basato sulla suddivisione in classi di assicurati. Dopo la riforma monetaria del 1948, questo sistema subì qualche modifica mirata per essere adeguato all’evoluzione delle condizioni quadro; vennero ad esempio ripristinati elementi di autogestione e concesse maggiorazioni di rendita. Ben presto, però, non fu più possibile garantire alle persone anziane, vedove e orfani rendite il cui importo tenesse il passo con l’evoluzione dei salari e della congiuntura del Dopoguerra. Un’analisi condotta nel 1955 evidenziò che le rendite coprivano ormai solo il 30 per cento di un salario medio e che molti pensionati vivevano al limite della soglia di povertà.
Adenauer portò avanti la riforma nonostante l’opposizione dei suoi ministri delle finanze e dell’economia, che temevano in particolare l’aumento dell’inflazione. Da un lato, la riforma prevedeva l’abbandono del principio di capitalizzazione a favore del principio di ripartizione, al quale, dal 1947, si ispirava anche l’AVS svizzera. In virtù di tale principio le rendite erogate ai beneficiari, calcolate in funzione dei contributi versati, non attingevano al capitale risparmiato delle persone assicurate, bensì alle entrate correnti (contributi). Dall’altro lato, la riforma introduceva «rendite dinamiche», vale a dire adeguate periodicamente all’evoluzione dei prezzi e dei salari. In Germania le pensionate e i pensionati tedeschi beneficiarono così di un incremento immediato delle rendite compreso tra il 60 e il 70 per cento e poterono partecipare pienamente al «miracolo economico».
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Schulz Günther (ed.) (2005), 1949–1957: Bundesrepublik Deutschland. Bewältigung der Kriegsfolgen, Rückkehr zur sozialpolitischen Normalität (Geschichte der Sozialpolitik in Deutschland seit 1945, Band 3), Baden-Baden; Metzler Gabriele (2003): Der deutsche Sozialstaat. Vom bismarckschen Erfolgsmodell zum Pflegefall, Stuttgart; Stolleis Michael (2003), Geschichte des Sozialrechts in Deutschland, Stuttgart.
(12/2014)
Fino al giugno del 1959, data in cui il Parlamento adottò la legge sull’assicurazione per l’invalidità (LAI), solo una parte dei lavoratori era assicurata (attraverso l’assicurazione infortuni, le casse pensioni o le assicurazioni cantonali) contro le conseguenze di un’invalidità. Nel 1925 l’istituzione di un’assicurazione invalidità era stata rinviata per dare la precedenza a quella che avrebbe dovuto essere una rapida introduzione dell’AVS. La Confederazione versava pertanto solo contributi modesti a istituti per disabili e a organizzazioni assistenziali come Pro Infirmis, cosicché numerose persone affette da disabilità dovevano ricorrere all’aiuto sociale o all’assistenza privata. L’assicurazione invalidità tornò a occupare un posto nell’agenda politica all’inizio degli anni 1950, quando furono depositate numerose iniziative parlamentari e promosse due iniziative popolari (dal Partito del Lavoro e dal Partito socialista) a favore della sua introduzione. Nel 1955 il Consiglio federale istituì una commissione d’esperti e, nell’autunno del 1958, presentò un disegno di legge. L’iter parlamentare fu altrettanto speditivo, cosicché l’AI, contro la quale non fu opposto il referendum, poté entrare in vigore il 1° gennaio 1960.
L’impostazione dell’AI, ovvero il sistema dei contributi, delle rendite e del finanziamento, si basava in larga misura sul modello dell’AVS. Ne conseguì che le prime rendite AI non erano affatto sufficienti ad assicurare il minimo vitale. Sin dall’inizio, la LAI pose l’accento sul principio della «priorità dell’integrazione sulla rendita» prevedendo, oltre a prestazioni pecuniarie, anche provvedimenti sanitari e professionali, quali l’orientamento professionale o il collocamento, nonché provvedimenti d’istruzione scolastica speciale e la consegna di mezzi ausiliari, quali carrozzelle o apparecchi acustici. A differenza delle legislazioni tedesca o britannica, la LAI non obbligava le imprese a impiegare un certo numero di persone disabili; alla fine degli anni 1950 era infatti opinione diffusa che la perdurante carenza di manodopera avrebbe costituito un incentivo sufficiente in tal senso.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Germann Urs (2008), Eingliederung vor Rente. Behindertenpolitische Weichenstellungen und die Einführung der schweizerischen Invalidenversicherung, Schweizerische Zeitschrift für Geschichte, 58, 178–197; Lengwiler Martin (2007a), Im Schatten der Arbeitslosen- und Altersversicherung. Systeme der staatlichen Invaliditätsversicherung nach 1945 im europaïschen Vergleich, Archiv für Sozialgeschichte, 47, 325–348.
(12/2014)
L’introduzione dell’AVS nel 1948 e dell’AI nel 1960, ma soprattutto la piena occupazione e l’aumento dei livelli salariali nell’era del boom postbellico fecero calare, a partire dagli anni 1960, il numero delle persone dipendenti dall’assistenza sociale. Questo fece diminuire a sua volta la mole di lavoro dei servizi assistenziali cittadini, che in compenso, però, si trovarono sempre più spesso ad affrontare casi difficili. In una società del benessere, la povertà veniva interpretata come la conseguenza di difficoltà di adattamento individuali.
Alla metà degli anni 1970, la maggior parte dei Cantoni aveva adeguato le proprie leggi in materia di povertà, risalenti in alcuni casi al 19° secolo, ispirandosi al modello statunitense del «Social case work». Si iniziò così a parlare di «clienti» e di «consulenza», e il controllo e la correzione lasciarono il posto ad accertamenti personalizzati, piani d’aiuto individuali e misure di promozione dell’autonomia del singolo. Parallelamente, diminuì in modo drastico il numero degli internamenti in istituti di lavoro e prestazioni di natura pecuniaria rimpiazzarono quelle in natura. Le prestazioni sono globalmente migliorate e emerge il principio di un minimo “sociale”, che dovrebbe permettere un minimo di integrazione alla vita sociale e culturale.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Matter Sonja (2011), Der Armut auf den Leib rücken: Die Professionalisierung der Sozialen Arbeit in der Schweiz (1900–1960), Zürich; Tabin Jean-Pierre et al. (2010 [2008]), Temps d’assistance. L’assistance publique en Suisse romande de la fin du XIXe siècle à nos jours, Lausanne; Sutter Gaby (2007), Vom Polizisten zum Fürsorger: Etablierung und Entwicklung der professionellen Fürsorge in der Gemeinde Bern 1915–1961, Berner Zeitschrift für Geschichte und Heimatkunde, 69, 259–287; HLS / DHS / DSS: Assistenza publica.
(12/2014)
Dall’introduzione della legge federale del 1911 sull’assicurazione contro le malattie e gli infortuni (LAMI) le riforme dell’assicurazione malattie furono laboriose e complesse. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il numero delle persone assicurate contro le malattie aumentò in modo esponenziale, passando dal 48 per cento della popolazione nel 1945 all’89 per cento nel 1970. Il rifiuto del Popolo al progetto di modifica della legge sulla tubercolosi (1949) venne interpretato dal Consiglio federale e dall’Amministrazione come un veto contro l’assicurazione obbligatoria, ragione per cui i lavori per una revisione parziale della LAMI, avviati a metà degli anni 1950 e ripetutamente rinviati, si limitarono a interventi isolati, che non modificarono in alcun modo gli elementi di base di una normativa vecchia ormai di quasi cinquant’anni.
La revisione del 1964, alla quale non venne opposto il referendum, agevolò l’affiliazione, ampliò il catalogo delle prestazioni e aumentò i sussidi versati alle casse malati. Pur non prevedendo cambiamenti sostanziali, la revisione fu oggetto di un annoso tira e molla fra le parti coinvolte. Visti i progressi in campo medico e l’espandersi del mercato della salute, l’assicurazione malattie si ritrovò sempre più alla mercé degli interessi di gruppi diversi, ben organizzati e politicamente forti (perché in grado di promuovere referendum), quali le casse malati, i medici, le case farmaceutiche, ma anche i rappresentanti di nuove categorie professionali, come i chiropratici. La revisione del 1964 consentì soprattutto ai medici di ottenere condizioni ad essi favorevoli, quali la possibilità di calcolare l’onorario in funzione del reddito dei pazienti e il rimborso degli onorari da parte delle persone assicurate.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Alber Jens, Bernardi-Schenkluhn Brigitte (1992), Westeuropäische Gesundheitssysteme im Vergleich: Bundesrepublik Deutschland, Schweiz, Frankreich, Italien, Grossbritannien, Frankfurt; Sommer Jürg (1978), Das Ringen um die soziale Sicherheit in der Schweiz. Eine politisch-ökonomische Analyse der Ursprünge, Entwicklungen und Perspektiven sozialer Sicherung im Widerstreit zwischen Gruppeninteressen und volkswirtschaftlicher Tragbarkeit, Diessenhofen; HLS / DHS / DSS: Assicurazione malattia.
(12/2014)
A metà degli anni 1960, circa 200 000 pensionati e pensionate vivevano sotto la soglia di povertà. Non beneficiavano di una previdenza professionale, non avevano mezzi finanziari propri e dipendevano dall’aiuto sociale o dai familiari. Le prestazioni complementari (PC), la cui introduzione fu decisa dal Parlamento il 19 marzo 1965, avevano lo scopo di garantire a tali persone un reddito minimo regolare. I complementi alle rendite dovevano coprire la differenza fra un reddito minimo definito (p. es. 3000 franchi all’anno per una persona sola) e il reddito (pensione) effettivo. A differenza delle prestazioni dell’aiuto sociale, il diritto alle prestazioni complementari era garantito, ma i Cantoni furono lasciati liberi di decidere se introdurre o meno il sistema delle PC e chiedere alla Confederazione dei sussidi per coprire parte delle spese. Le PC non erano finanziate attraverso detrazioni salariali, bensì esclusivamente con contributi della Confederazione e dei Cantoni.
La 6a revisione dell’AVS (1964), di cui le PC furono un corollario, determinò – per lo più a causa dell’inflazione – un aumento delle rendite pari al 30 per cento. Questo passo fu compiuto per rispondere alle rivendicazioni di rendite che garantissero il minimo vitale, cui avevano dato voce le due iniziative popolari promosse nel 1962 rispettivamente dalla rivista «Beobachter» e da ambienti di sinistra. Appoggiati da rappresentanti dei datori di lavoro e delle assicurazioni, il Consiglio federale e il Parlamento decretarono che l’AVS doveva «mantenere il carattere di un’assicurazione di base» e che un eventuale estensione di questa assicurazione sociale non doveva compromettere la previdenza professionale e privata. Così facendo, prefigurarono quelli che più tardi sarebbero diventati gli elementi essenziali del sistema dei "tre pilastri". Il Consiglio federale sottolineò tuttavia che, per compensare il livello basso delle rendite AVS (e dei contributi), era necessario affiancare «all’assicurazione popolare un sistema di prestazioni di necessità in grado di assicurare alla popolazione socialmente debole il minimo vitale». Pensato inizialmente come una soluzione transitoria, il sistema delle prestazioni complementari si trasformò nel corso dei decenni in un ramo assistenziale a sé stante ed ha oggi un ruolo estremamente importante soprattutto per coprire l’aumento dei costi della salute associato all’avanzare dell’età delle persone assicurate.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu (2008), Solidarity without the state? Business and the shaping of the Swiss welfare state, 1890–2000, Cambridge; HLS / DHS / DSS: Assicurazione vecchiaia e superstiti AVS.
(12/2015)
Il 3 dicembre 1972 segnò una svolta importante nel campo della previdenza per la vecchiaia: il 75 per cento dei votanti respinsero l’iniziativa popolare «Per vere pensioni popolari», promossa dal Partito del Lavoro allo scopo di rafforzare l’AVS, decidendo invece di ancorare il principio dei tre pilastri nella Costituzione federale e di introdurre il regime obbligatorio nella previdenza professionale. Secondo l’iniziativa popolare del Partito del Lavoro, lo Stato avrebbe dovuto garantire pensioni pari almeno al 60 per cento del reddito annuale e una rendita minima annua di 6000 franchi. All’epoca la rendita AVS minima per le persone sole ammontava a 2640 franchi e il reddito medio di un lavoratore dipendente era di circa 23 000 franchi all’anno. Di fatto, l’adozione dell’iniziativa avrebbe significato la fine delle casse di pensione e delle casse di assicurazione pubbliche e private, che sarebbero state «incorporate» nel regime dell’assicurazione federale. Il controprogetto, invece, sostenuto non soltanto dai partiti borghesi, dalle associazioni economiche e dagli assicuratori privati, ma anche dal Partito socialista (PS) e dai sindacati, proponeva una combinazione tra un’AVS volta a garantire i bisogni vitali (1° pilastro), una previdenza professionale obbligatoria (2° pilastro) e una previdenza personale facoltativa (3° pilastro). La promessa di raddoppiare le rendita all’occasione dell’8a revisione dell’AVS, favorì l’adozione del controprogetto.
Con la loro decisione, i votanti aprirono la strada a quella che viene designata come la «soluzione svizzera» in materia di previdenza per la vecchiaia. La soluzione in questione prevede una previdenza statale minima e concede ampio spazio alla previdenza privata. Sulla scia del forte aumento delle persone titolari di polizze di previdenza professionale (passate dal 15% nel 1941 al 45% delle persone occupate nel 1966), nel 1963 il Consiglio federale aveva parlato per la prima volta dei «tre pilastri» di previdenza, un concetto già elaborato dagli assicuratori privati. Ma fu solo sotto la pressione dell’iniziativa promossa dal Partito del Lavoro e di un’iniziativa popolare lanciata (e poi ritirata) dal PS, che una maggioranza si pronunciò a favore anche di un secondo pilastro obbligatorio.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu (2008), Solidarity without the state? Business and the shaping of the Swiss welfare state, 1890–2000, Cambridge; Lengwiler Martin (2003), Das Drei-Säulen-Konzept und seine Grenzen: private und berufliche Altersvorsorge in der Schweiz im 20. Jahrhundert, Zeitschrift für Unternehmensgeschichte, 48, 29–47.
(12/2014)
Negli anni 1970 l’assicurazione malattie tornò all’ordine del giorno dell’agenda politica e si riaprì quindi la discussione sulla necessità di introdurre un obbligo assicurativo generale. Dopo il rifiuto della legge per la lotta contro la tubercolosi (1949), la questione era infatti passata in secondo piano. La prima revisione parziale della legge contro le malattie e gli infortuni del 1964 si era limitata a qualche modifica isolata. Alla fine degli anni 1960, tuttavia, il rapido aumento dei costi sanitari riaccese le discussioni sulla necessità di una riforma. Come nel 1964, intervenirono nel dibattito non soltanto rappresentanti dei partiti politici, dei sindacati e dei datori di lavoro, ma anche e soprattutto delle casse malati, dell'industrie farmaceutica e della classe medica, il che ostacolò l’assunzione di un ruolo guida nel dibattito da parte del Parlamente, del Consiglio fédérale e dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali. Le domande al centro dell’intricata discussione ruotavano, da un lato, intorno alla necessità di introdurre anche in Svizzera – al pari di quanto fatto in altri Paesi e di quanto sostenuto da tempo dagli ambienti di sinistra – un regime obbligatorio nell’assicurazione contro le malattie e gli infortuni e, dall’altro, ai mezzi da impiegare per finanziare in futuro le prestazioni. Questa volta fu presa in considerazione anche la possibilità di un finanziamento tramite dei contributi salariali.
L’8 dicembre 1974 i votanti si trovarono a scegliere fra tre alternative: la prima consisteva nell’adottare un’iniziativa popolare promossa dal partito socialista, che chiedeva di introdurre un ampio obbligo assicurativo (esteso alle cure mediche, alla maternità e agli infortuni), e di usare a titolo di finanziamento anche una percentuale del salario. La seconda alternativa era offerta dal controprogetto del Parlamento (sostenuto dai partiti borghesi, dalle associazioni, dalle casse malati e dai medici), che al posto dell’obbligo di contrarre un’assicurazione per le cure ambulatoriali, prevedeva un’assicurazione obbligatoria per le cure stazionarie, finanziata attraverso prelievi sul salario. Nel contesto di un rapporto peritale del 1972, questo modello di assicurazione ospedaliera obbligatoria venne definito «modello di Flims» in riferimento a uno dei luoghi in cui si erano tenute le riunioni. Infine, i votanti potevano rifiutare le prime due proposte e optare per lo status quo.
Dopo un’accesa campagna di voto, il popolo decise per il doppio no, scegliendo quindi lo status quo. Fallì così, dopo quello del 1940 e del 1949, un altro tentativo di introdurre un’assicurazione (anche solo parzialmente) obbligatoria contro le malattie. Il totale dei sì alle prime due proposte indica tuttavia che la maggioranza era favorevole a un cambiamento di paradigma nell’assicurazione malattie.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Alber Jens, Bernardi-Schenkluhn Brigitte (1992), Westeuropäische Gesundheitssysteme im Vergleich: Bundesrepublik Deutschland, Schweiz, Frankreich, Italien, Grossbritannien, Frankfurt; Sommer Jürg (1978), Das Ringen um die soziale Sicherheit in der Schweiz. Eine politisch-ökonomische Analyse der Ursprünge, Entwicklungen und Perspektiven sozialer Sicherung im Widerstreit zwischen Gruppeninteressen und volkswirtschaftlicher Tragbarkeit, Diessenhofen; HLS / DHS / DSS: Assicurazione malattia.
(12/2016)
Nel biennio 1974–75 la Svizzera scivolò in una recessione che, oltre a rendere necessari interventi di ordine politico e sociale, mise radicalmente in discussione l’ulteriore estensione della sicurezza sociale. Le radici della recessione dilagata nella metà degli anni 1970 affondavano nel crollo del sistema dei cambi fissi di Bretton Woods (marzo 1973) e nella crisi petrolifera (autunno 1973). Fino al 1977 il prodotto nazionale lordo decrebbe di un valore compreso tra il cinque e il sette per cento (a seconda delle modalità di calcolo). I salariati e le salariate subirono perdite di reddito e condizioni di lavoro sempre più precarie. Il numero limitato di persone assicurate contro la disoccupazione e il massiccio rinvio di manodopera immigrata spiega il tasso relativamente basso di disoccupazione (meno del 1 per cento delle persone attive). Le lotte di spartizione e le lotte del lavoro si acuirono: ai partiti di sinistra e ai sindacati, che rivendicavano una politica congiunturale anticiclica, si opponevano le fasce borghesi, che chiedevano con rinnovato vigore un miglioramento della competitività dell’economia, una riduzione delle tasse e una deregolamentazione.
La fine degli anni del boom si ripercosse anche sul sistema della sicurezza sociale. L’introduzione di un’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, nel 1976, rappresentò una vera e propria misura di crisi, resa necessaria dal deterioramento del mercato del lavoro. Le uscite dell’AI iniziarono ad aumentare e al contempo la difficile situazione sul fronte occupazionale complicava l’integrazione professionale delle persone disabili. Nel 1976, il Dipartimento federale dell’interno istituì un gruppo di lavoro incaricato di verificare l’organizzazione dell’AI, che propose miglioramenti amministrativi, ma non riuscì a trovare alcuna soluzione atta a contrastare l’aumento dei costi sul lungo periodo. I cambiamenti intervenuti nel quadro di riferimento si riflessero con chiarezza anche nell’AVS: mentre l’8a revisione dell’AVS (1972) era ancora tutta improntata all’estensione dell’assicurazione sociale, nel 1974 il Parlamento rinviò al Consiglio federale la proposta di adeguamento automatico delle rendite all’evoluzione dei prezzi e dei salari, respingendo così per la prima volta un progetto di revisione dell’AVS, che sarà adottato nel 1979. Adottò, invece, diverse misure di risparmio e provvedimenti urgenti finalizzati a sgravare sul breve periodo il bilancio federale. Su questo sfondo, il dibattito politico si spostò sulla sostenibilità della sicurezza sociale e sul consolidamento a lungo termine del sistema di sicurezza sociale, svolta questa senza precedenti.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Tabin Jean-Pierre, Togni Carola (2013), L’assurance chômage en Suisse. Une socio-histoire (1924-1982), Lausanne; Müller Margrit, Woitek Ulrich (2012), Wohlstand, Wachstum und Konjunktur, in P. Halbeisen, M. Müller, B. Veyrasset (ed.), Wirtschaftsgeschichte der Schweiz im 19. Jahrhundert, 91–222, Basel; Ischer Philipp (2006), Ausbau oder Konsolidierung? Der politische Diskurs der 1970er Jahre in der Schweiz im Bereich der AHV, Studien und Quellen, 31, 141–166.
(12/2014)
Il 7 dicembre 1975 i votanti sfruttarono l’occasione che si presentò loro di liberarsi di un vecchio fardello del passato: il 76 per cento votò infatti a favore dell’introduzione del principio del domicilio nell’assistenza sociale. Da questo momento in poi le persone di nazionalità svizzera bisognose di assistenza poterono quindi beneficiare della piena libertà di domicilio.
Pur garantendo questo diritto, la Costituzione federale del 1874 prevedeva un’eccezione per le persone svizzere bisognose di assistenza: se il Cantone d’origine non era disposto a fornire loro assistenza, il Cantone di dimora poteva privarle del domicilio e disporne il rientro nel Cantone d’origine. Le espulsioni da un Cantone erano inoltre ammesse per ragioni di polizia, in particolare nel caso di pregiudicati.
Già nel 1916 alcuni Cantoni avevano cercato, tramite concordato, di limitare provvedimenti di questo genere, ma la pratica del «rimpatrio» nel Cantone d’origine e le punizioni per mancata osservanza della decisione di rinvio perdurarono ancora fino agli anni 1960. Fu solo nel 1964 che anche gli ultimi Cantoni aderirono al Concordato sull’assistenza nel luogo di domicilio. La modifica costituzionale approvata nel 1975, ancorata a livello di legge due anni dopo, istituì così l’obbligo generale di assistenza nel luogo di domicilio. La legge federale del 1977 sull’assistenza rappresentò quindi una cesura essenziale nella storia del diritto assistenziale svizzero, in cui il principio dell’assistenza nel luogo di origine aveva sempre svolto un ruolo importante. Tuttavia, anche secondo la nuova legge il Cantone di dimora poteva chiedere al Cantone di origine, per un periodo di dieci anni, il rimborso delle spese d’assistenza. Nel 1990 la durata dell’obbligo di rimborso venne abbreviata a due anni e suppressa nel 2013.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Matter Sonja (2011), Das Wohnort- und Heimatortprinzip in der Fürsorge vor 1975, in J. Mooser, S. Wenger (ed.), Armut und Fürsorge in Basel, 239–248, Basel; Kreis Georg (2011), 1975 – Das endliche Ende der Heimschaffungen in der Fürsorge, in J. Mooser, S. Wenger (ed.), Armut und Fürsorge in Basel, 249–259, Basel. HLS / DHS / DSS: Assistenza publica; Volksabstimmungen.
(12/2014)
Diversamente dalla maggior parte degli altri Paesi europei, fino agli anni 1970 in Svizzera non vi era l’obbligo di assicurarsi contro il rischio di disoccupazione. Questo passo fu compiuto solo nel 1976. La legge federale del 1951 aveva mantenuto la soluzione di finanziamento introdotta nel 1924. Durante gli anni del boom, la quota di assicurati a titolo facoltativo era addirittura in calo e, nel 1974, corrispondeva a meno di un quinto della popolazione attiva. Furono gli effetti della recessione a far nascere l’esigenza di una nuova regolamentazione che, rispetto ad altre riforme di politica sociale, venne tra l’altro realizzata in modo straordinariamente rapido.
Soltanto tra il 1975 e il 1976, in Svizzera furono soppressi 300 000 posti di lavoro. Due terzi di queste suppressioni sono compensate dal rinvio di manodopera straniera. I licenziamenti toccarono in particolare anche le lavoratrici svizzere. Il debole sviluppo dell’assicurazione contribuisce a mantenere basso il numero di disoccupati, che non superò l’1 per centro della popolazione attiva. Il 13 giugno 1976 i votanti approvarono pertanto un nuovo articolo costituzionale che fissava i punti cardine della futura assicurazione contro la disoccupazione: obbligo dei lavoratori dipendenti di assicurarsi, finanziamento mediante detrazioni salariali e gestione decentralizzata. Dopo solo alcuni mesi il Consiglio federale emanò una normativa transitoria, applicabile fino all’entrata in vigore della legge corrispondente. Agli interessati fu garantito il diritto di riscuotere 150 indennità giornaliere, calcolate in modo da coprire il 65-70 per cento della perdita di salario. La legge federale sull’assicurazione obligatoria contro la disoccupazione e l’indennità per insolvenza (LADI) entra in vigore il 1° gennaio 1984. Essa prevede il versamento di un’indennità in caso di lavoro ridotto, di intemperie o insolvenza, alcune misure per favorire l’inserzione e il controllo dei disoccupati.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Togni Carola (2013), Le genre du chômage. Assurance chômage et division sexuée du travail en Suisse, Thèse de doctorat, Université de Berne; Tabin Jean-Pierre, Togni Carola (2013), L’assurance chômage en Suisse. Une socio-histoire (1924–1982), Lausanne; Schmidt Manfred G. (1985), Der schweizerische Weg zur Vollbeschäftigung: eine Bilanz der Beschäftigung, der Arbeitslosigkeit und der Arbeitsmarktpolitik, Frankfurt am Main; HLS / DHS / DSS: Assicurazione contro la disoccupazione AD.
(12/2014)
Durante il boom degli anni 1960 e 1970 il tasso di inflazione raggiunse anche il dieci per cento, causando un’erosione delle rendite AVS e AI. L’articolo costituzionale 34quater, rivisto nel 1972, sancì pertanto l’obbligo di adeguare periodicamente le rendite al rincaro, al fine di garantire rendite in grado di coprire i bisogni vitali e realizzare quindi quanto postulato dalla Costituzione federale. Fino al 1972, ogni adeguamento delle rendite era stato vincolato a una decisione del Parlamento. La 9a revisione dell’AVS, invece, conferì al Consiglio federale la facoltà di procedere autonomamente a tali adeguamenti ogni due anni, eventualmente riducendo o prolungando questi intervalli in funzione della situazione economica.
Alla vigilia della 9a revisione dell’AVS erano state discusse diverse modalità di calcolo. Dopo il 1974 l’adeguamento delle rendite è tra le questioni più aspramente dibattute riguarto al consolidamento dell’AVS. Un primo disegno di legge (1973) avrebbe permesso al Consiglio federale di adottare un approccio flessibile, ossia di adeguare le rendite all’evoluzione dei prezzi e dei salari in funzione della situazione congiunturale. Questo metodo, denominato «dinamica integrale», era favorevole ai beneficiari di rendite. Il meccanismo adottato poi a livello di legge nel 1979 seguì invece l’approccio più prudente della «dinamica percentuale». Il parametro fondamentale era – e rimane a tutt’oggi – un «indice ponderato», equivalente alla media tra l’indice dei salari determinato dall’allora Ufficio federale dell’industria, delle arti e mestieri e del lavoro (UFIAML, oggi: Segreteria di Stato dell’economia, SECO) e l’indice nazionale dei prezzi al consumo. In questo modo si poteva tenere parimenti conto dell’evoluzione dei prezzi e di quella dei salari.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu (2008), Solidarity without the state? Business and the shaping of the Swiss welfare state, 1890–2000, Cambridge; Ischer Philipp (2006), Ausbau oder Konsolidierung? Der politische Diskurs der 1970er Jahre in der Schweiz im Bereich der AHV, Studien und Quellen, 31, 141–166; HLS / DHS / DSS: Assicurazione vecchiaia e superstiti AVS.
(12/2014)
La revisione della legge sull’assicurazione contro gli infortuni (LAINF) del 1984 estese l’obbligo assicurativo a tutti i lavoratori in Svizzera. La legge sull’assicurazione contro le malattie e gli infortuni del 1911 limitava tale obbligo a settori importanti, in particolare quello industriale. Nel 1974 il Popolo, respingendo l’iniziativa popolare (e il relativo controprogetto) che chiedeva di istituire un’assicurazione sociale contro le malattie, disse no anche all’introduzione di un’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni. Alla metà degli anni 1970 circa due terzi dei lavoratori erano assicurati alla Suva. A questi si aggiungevano i lavoratori assicurati obbligatoriamente in virtù delle legislazioni cantonali o dei contratti collettivi di lavoro e quelli che avevano stipulato polizze assicurative aziendali o facoltative. Complessivamente, la quota delle persone attive assicurate contro gli infortuni ammontava probabilmente al 95 per cento. Le prestazioni erogate differivano tuttavia a seconda della polizza.
Il settore delle assicurazioni facoltative, cui potevano affiliarsi anche i lavoratori indipendenti, era da sempre appannaggio esclusivo delle società private. A queste ultime – e anche alle casse malati – la nuova LAINF del 1984 diede la possibilità di operare anche nel ramo dell’assicurazione contro gli infortuni. Restavano esclusi soltanto i settori che contemplavano rischi professionali elevati e che, per legge, dovevano restare assicurati presso la Suva. Gli assicuratori privati erano tuttavia tenuti a fornire le stesse prestazioni erogate dalla Suva. Anche i rimedi giuridici erano disciplinati in modo unitario.
La relativa apertura del mercato assicurativo espose la Suva a una concorrenza più marcata, tanto più che, in seguito ai cambiamenti strutturali dell’economia, il numero degli occupati nel settore industriale era in costante diminuzione e, con esso, quello degli affiliati a titolo obbligatorio presso la Suva. Per questo, nel 1985, la Suva decise di cambiare volto e di concentrarsi sulle esigenze dei clienti e sulla necessità di adottare nuove strategie di penetrazione del mercato.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Lengwiler Martin (2006), Risikopolitik im Sozialstaat: Die schweizerische Unfallversicherung (1870–1970), Köln; Schweizerische Unfallversicherungsgesellschaft (1993), 75 Jahre SUVA. Das Menschenmögliche, Luzern. HLS / DHS / DSS: Assicurazione contro gli infortuni; Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni INSAI/Suva.
(12/2014)
L’obiettivo della previdenza professionale è di assicurare la continuazione del «tenore di vita abituale»: così, almeno, recita la promessa iscritta nella Costituzione federale nel 1972 insieme alla dichiarazione di obbligatorietà della previdenza professionale. Secondo il principio dei tre pilastri, l’AVS deve invece limitarsi a garantire una copertura adeguata del fabbisogno vitale.
Parlamento e Consiglio federale avevano inizialmente previsto di emanare nel 1974 una legge sulla previdenza professionale, ma si dovette attendere il 1985 perché entrasse in vigore la legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità (LPP). Condizionata dalle recessioni della metà degli anni 1970 e degli inizi degli anni 1980, nonché dal rafforzarsi delle critiche neoconservative nei confronti della previdenza statale, la soluzione partorita fu molto più «austera» del previsto: diversamente dall’AVS, il secondo pilastro si basa sul principio della capitalizzazione. Per il finanziamento, tuttavia, anch’esso ricorre al sistema delle percentuali salariali, distribuite in modo paritario tra lavoratore e datore di lavoro. Le casse pensioni esistenti furono mantenute, ma assoggettate alla normativa in vigore. Nel quadro dell’iter legislativo non riuscì inoltre a imporsi il primato delle prestazioni, più conveniente per gli assicurati, perché prevede che la rendita sia calcolata in base al salario assicurato e non ai contributi effettivamente versati. Anche per l’adeguamento automatico delle rendite all’evoluzione dei prezzi e dei salari fu adottata una soluzione meno generosa. La LPP escluse altresì dall’obbligo assicurativo i disoccupati, i lavoratori a tempo parziale – per lo più donne – e quelli a bassa retribuzione. Senza grandi modifiche furono invece introdotti i conti e le polizze di previdenza esenti da imposta (pilastro 3a).
La quota di persone attive assicurate a titolo professionale aveva registrato un netto aumento (1984: 62% della popolazione attiva) ancor prima dell’entrata in vigore della LPP. Parallelamente, salì notevolmente anche il patrimonio gestito dalle casse pensioni, passando dai 37 miliardi del 1970 (41% del prodotto interno lordo) a 188 miliardi nel 1987 (74%). Nel 2011 le casse pensioni amministrano una fortuna di circa 620 milliardi di franchi.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Leimgruber Matthieu (2008), Solidarity without the state? Business and the shaping of the Swiss welfare state, 1890–2000, Cambridge; Lengwiler Martin (2003), Das Drei-Säulen-Konzept und seine Grenzen: private und berufliche Altersvorsorge in der Schweiz im 20. Jahrhundert, Zeitschrift für Unternehmensgeschichte, 48, 29–47; HLS / DHS / DSS: Casse pensioni.
(12/2014)
Dagli anni 1960, i tentativi a riguardo di una revisione della legge sull'assicurazione malattie (LAMI) si sono confrontati con un problema complesso. Mentre i partiti del centro-sinistra ritengono le prestazioni dell'assicurazione malattie insufficienti, i partiti borghesi criticano la crescita incontrollata dei costi nel settore sanitario. L'espressione «esplosione dei costi» si trova presto sulla bocca di tutti.
Dopo il fallimento, nel 1974, della revisione totale, le autorità federali si vedono costrette ad agire. Nel 1977, per contenere l'aumento dei costi, la Confederazione congela i sussidi federali al livello attuale. Parallelamente, il Governo e le Camere federali adottano un programma immediato volto a ridurre i costi e i deficit. Per evitare un ennesimo fallimento, il programma prevede solamente una revisione parziale della LAMI, che esclude riforme radicali come l'introduzione dell'obbligo assicurativo generale, nuovi metodi di finanziamento o miglioramenti sostanziali delle prestazioni.
Nel 1987, il Parlamento approva il relativo disegno di legge. Da un lato, la revisione parziale prevede una maggiore partecipazione ai costi da parte degli assicurati, i quali dovrebbero pagare una franchigia annuale e un'aliquota percentuale doppia (20%). Dall'altro propone di contenere i costi introducendo misure di controllo nel settore delle cure e nuove regole in materia di tariffe e sussidi federali. Inoltre è prevista una moderata estensione delle prestazioni, tra cui la copertura integrale dei costi dei soggiorni in ospedale da parte dell'assicurazione malattie e il potenziamento delle cure a domicilio. La revisione rinuncia invece all'istituzione di un'assicurazione obbligatoria d'indennità giornaliera.
Ad affossare il progetto del 1987 è un aspetto secondario. Per attuare, seppur tardivamente, il mandato costituzionale di un'assicurazione maternità, le autorità abbinano la revisione parziale della legge sull'assicurazione malattie a una modifica dell'ordinamento sulle indennità per perdita di guadagno. Il progetto prevede delle indennità di maternità per un periodo di 16 settimane. I costi verrebbero finanziati in pari misura dai lavoratori e dai datori di lavoro mediante contributi salariali. L'Unione svizzera delle arti e mestieri e l'Unione svizzera degli imprenditori vi si oppongono lanciando un referendum.
Il 6 dicembre 1987, l'elettorato svizzero boccia a larga maggioranza la revisione parziale della LAMI con il 71,3 per cento di voti contrari. Viene così mantenuto lo status quo legislativo del 1964.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Bernardi-Schenkluhn Brigitte (1992), Das Gesundheitssystem der Schweiz. Akteure, Strukturen, Prozesse und Reformstrategien, in Schriftenreihe der SGGP, 24, 1-191; Uhlmann Björn, Braun Dietmar (2011), Die schweizerische Krankenversicherungspolitik zwischen Veränderung und Stillstand. Zurigo; Schuler Thomas, Frei Andreas (1987), Die Teilrevision der Krankenversicherung, Aarau.
(12/2015)
Gli anni 1990 sono un decennio turbolento per il sistema di sicurezza sociale. Con la fine della Guerra fredda, il consenso di fondo tra i gruppi sociali che aveva contraddistinto la politica del Paese dalla Seconda Guerra mondiale comincia infatti a vacillare. Ne consegue una polarizzazione degli schieramenti politici, le cui divergenze sono acuite da una recessione che, tra il 1991 e il 1995, ha pesanti ripercussioni su crescita e occupazione. A farne le spese è soprattutto il settore della sicurezza sociale, da sempre terreno di scontro tra le forze politiche.
Se, da una parte, la crisi ha un impatto diretto sul sistema delle assicurazioni sociali – come dimostrano i bilanci in rosso registrati in particolare dall’assicurazione contro la disoccupazione e dall’assicurazione invalidità – dall’altra parte, le assicurazioni sociali devono fare i conti anche con il crescente scetticismo del mondo economico e dei partiti borghesi, che reclamano a gran voce una deregolamentazione del sistema. La finanziabilità a lungo termine dello Stato sociale è messa in dubbio alla luce dell’evoluzione demografica e l’aumento delle aliquote di contribuzione è contestato perché considerato pericoloso per la concorrenzialità dell’economia e i margini di profitto. Nel 1994 Peter Hasler, direttore dell’Unione svizzera degli imprenditori, invoca ad esempio una moratoria dell’ulteriore sviluppo delle assicurazioni sociali al fine di scongiurare una perdita di competitività della Svizzera. Alcuni esponenti di spicco dei partiti politici rincarano la dose reclamando una politica sociale che corrisponda ai bisogni effettivi. Ancora oltre si spingono i leader dell’economia riuniti attorno a David de Pury (presidente della multinazionale «Asea Brown Bovery»), che nel 1995 presentano all’opinione pubblica un «libro bianco» in cui propongono una previdenza statale che garantisca soltanto il minimo esistenziale, per di più nei limiti di determinate «clausole del bisogno». I dibattiti non vertono però esclusivamente sulla questione della finanziabilità: sin dagli anni 1990 cerchie conservatrici criticano ripetutamente il fenomeno apparentemente diffuso della «riscossione indebita» di prestazioni sociali.
I partiti di sinistra e i sindacati, affiancati anche da rappresentanti del centro, vedono in tutto ciò una chiara provocazione.Mettendo in guardia contro la progressiva diminuzione della solidarietà si concentrano sulla necessità di trovare nuove fonti di finanziamento. Nel 1994 la consigliera federale Ruth Dreifuss si sente addirittura in dovere di smentire pubblicamente, in una lettera aperta, le illazioni che davano l’AVS sull’orlo del collasso. Il banco di prova per una politica sociale all’insegna della deregolamentazione, che rinunciava a un equilibrio tra i vari interessi, è infine costituito dalle votazioni popolari sulla revisione della legge sul lavoro (1996) e sul decreto federale urgente concernente il finanziamento dell’assicurazione contro la disoccupazione (1997). Tutti i progetti si scontrano con il rifiuto del Popolo di accettare una riduzione delle prestazioni e vengono pertanto bocciati alle urne.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Obinger Herbert, Armingeon Klaus et al. (2005), Switzerland. The marriage of direct democracy and federalism, in H. Obinger, S. Leibfried et al. (ed.), Federalism and the welfare state: New World and European experiences, 263–306; Année politique Suisse / Schweizerische Politik, 1990–1999; HLS / DHS / DSS: Mercato, regolamentazione del.
(05/2020)
Il 4 dicembre 1994 il Popolo accolse la revisione totale della legge sull’assicurazione malattie (LAMal). La nuova legge, ancora in vigore nel 2013, prevede per la prima volta un obbligo generale d’assicurazione, permette di cambiare cassa (libero passaggio) e impone gli stessi premi per donne e uomini. Il catalogo delle prestazioni viene inoltre leggermente ampliato (p. es. nell’ambito delle cure ospedaliere). Il sistema di sovvenzionamento delle casse, in vigore dal 1911, è sostituto da un sistema di riduzione individuale dei premi, pensato a beneficio dei singoli e delle famiglie a basso reddito. Si rinunciò invece a rendere obbligatoria l’assicurazione d’indennità giornaliera per le perdite di guadagno in caso di malattia.
La revisione totale si rivelò un progetto lungo e complesso. In seguito alla bocciatura della revisione parziale nel 1987, il Consiglio federale decise di mettere mano a una riforma di ampio respiro. Il progetto approdò in Parlamento nel 1992. A rendere più complessa la riforma contribuiva il numero delle parti coinvolte (partiti, Cantoni, casse malati, medici, ospedali e case farmaceutiche), tutte portatrici di interessi distinti. Rispettivamente nel 1992 e nel 1994 fallirono così due iniziative popolari: la prima, promossa dal Concordato delle casse malati, chiedeva l’aumento delle sovvenzioni per le casse, mentre la seconda, promossa dal Partito socialista, proponeva di fissare i premi in funzione del reddito. Allo stesso tempo, tuttavia, l’esigenza di una riforma veniva acuita dalla rapida progressione dei costi sanitari – in rapporto al prodotto interno lordo – e dei premi delle casse malati: soltanto tra il 1985 e il 1990 i costi correnti pro capite del sistema sanitario salirono di ben il 42 per cento. Dal canto loro, tra il 1965 e il 1990 i premi si erano in media addirittura decuplicati, segnando dunque una crescita di gran lunga superiore a quella del reddito delle economie domestiche. Già nei primi anni 1990, il Consiglio federale e il Parlamento adottarono pertanto una serie di misure volte a contenere le spese e a rafforzare la solidarietà tra gli assicurati. La legge sull’assicurazione malattie (LAMal) prevedeva una compensazione dei rischi tra le casse (limitata nel tempo) e strumenti per incentivare la concorrenza e la prevenzione, nonché per tenere sotto controllo le spese (p. es. controllo dei prezzi e delle tariffe, trasparenza dei costi e partecipazione agli stessi).
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Obinger Herbert, Armingeon Klaus et al. (2005), Switzerland. The marriage of direct democracy and federalism, in H. Obinger, S. Leibfried et al. (ed.), Federalism and the welfare state: New World and European experiences, 263–306; Année politique Suisse / Schweizerische Politik, 1990–1994. HLS / DHS / DSS: Assicurazione malattia.
(12/2014)
Negli anni 1990 i dibattiti sulla sicurezza sociale iniziarono a ruotare intorno alla parola chiave «attivazione», un concetto ormai elevato da alcuni studiosi al rango di nuovo paradigma della politica sociale. La teoria dell’attivazione si basa sulle nozioni di autoaffermazione («empowerment») e responsabilità individuale dei beneficiari di prestazioni dello Stato sociale. L’obbiettivo prefisso è quello di incoraggiare gli sforzi dei beneficiari della sicurezza sociale per trovare un’occupazione, sforzi che vanno a costituire la controprestazione per il sostegno concesso loro. Secondo i fautori di una politica sociale «attivante», tale pratica consentirebbe di ridurre i costi e di aumentare l’efficienza delle istituzioni di previdenza. I detrattori dell’attivazione rimproverano invece a tale sistema di non tenere conto delle cause strutturali all’origine delle situazioni individuali di bisogno e considerano il discorso sulla responsabilità individuale un pretesto per smantellare le prestazioni dello Stato sociale.
Agli inizi degli anni 1990 il tasso di disoccupazione in Svizzera registrò un’impennata. In questo clima il concetto di attivazione assunse una nuova rilevanza. La revisione della legge sull'assicurazione contro la disoccupazione del 1995 ampliò i provvedimenti inerenti al mercato del lavoro quali corsi, “seminari di motivazione” e programmi d’occupazione. Agli uffici regionali di collocamento, istituiti con la riforma, fu attribuito il compito di controllare gli sforzi fatti dagli assicurati e aiutarli a trovare un nuovo impiego. Il numero di indennità giornaliere venne ridotto. Le misure destinate a incentivare l’integrazione professionale vennero promosse anche nell’ambito dell’aiuto sociale, associando anche qui l’appello alla responsabilità individuale a nuove sanzioni. Quanto all’assicurazione invalidità, approcci di questo stampo potevano rifarsi a una tradizione di più lunga data. Per ridurre il crescente numero di nuove rendite e i deficit delle assicurazioni sociali, nella 5a revisione dell’AI (2006) venne rispolverato e consolidato il principio della «priorità dell’integrazione sulla rendita»: furono così introdotte misure di rilevamento e intervento tempestivi (tra cui il case management o il coaching) e prestazioni specifiche di sostegno per consentire alle persone con disabilità di mantenere il proprio posto di lavoro o di trovarne uno nuovo, evitando di dover dipendere da una rendita.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Nadai Eva, Canonica Alan, Arbeitsmarktintegration als neu entstehendes Berufsfeld: Zur Formierung von professionellen Zuständigkeiten, Schweizerische Zeitschrift für Soziologie, 38, 23–37; Schallberger Peter, Wyer Bettina (2010), Praxis der Aktivierung. Eine Untersuchung von Programmen zur vorübergehenden Beschäftigung, Konstanz; Magnin Chantal (2005), Beratung und Kontrolle : Widersprüche in der staatlichen Bearbeitung von Arbeitslosigkeit, Zürich; Année politique Suisse / Schweizerische Politik, 1995–2006; HLS / DHS / DSS: Assicurazione contro l'invalidità AI; Assicurazione contro la disoccupazione AD.
(12/2014)
Malgrado i tentativi falliti nel 1984 (iniziativa per un'efficace protezione della maternità) e nel 1987 (revisione parziale della LAMI) di introdurre un'assicurazione maternità, in Svizzera resta acceso il dibattito sul mancato adempimento del mandato costituzionale del 1945 e sulla necessità di molte donne di disporre di una sicurezza materiale dopo la nascita di un figlio. Lo sciopero delle donne indetto nel 1991, che chiede l'attuazione dell'articolo sulla parità, riporta in primo piano l'assicurazione maternità che, con l'arrivo della socialista Ruth Dreifuss in Consiglio federale, gode di un patrocinio alle più alte sfere. Nell'elaborazione della nuova proposta svolgono un ruolo importante le organizzazioni femministe e i gruppi femminili dei partiti nazionali, che creano un'unione d'intenti per garantire al progetto un sostegno consistente.
La legge adottata dal Parlamento nel 1998 prevede un'indennità di maternità di 14 settimane per le madri attive professionalmente e una prestazione di base per tutte le madri a prescindere dall'esercizio di un'attività lucrativa. I costi dell’assicurazione verrebbero finanziati attraverso un aumento dell'aliquota IVA.
Come nel 1987, i partiti borghesi e le associazioni economiche lanciano un referendum. Le critiche più accese riguardano la finanziabilità della nuova assicurazione sociale. Secondo gli oppositori, non è il caso di gravare ulteriormente sul bilancio della Confederazione che nel 1996 presenta un deficit di 6 miliardi di franchi. Nelle loro argomentazioni gli autori del referendum rilevano inoltre che il finanziamento delle altre assicurazioni sociali non è garantito a lungo termine e che occorre intervenire prioritariamente in questo ambito anziché dedicarsi a nuovi progetti.
Il 13 giugno 1999, l'elettorato svizzero boccia l'introduzione dell'assicurazione maternità con il 61 per cento di voti contrari. Dall'analisi della votazione emerge che il progetto è stato rifiutato nella misura del 70 per cento in Svizzera tedesca, mentre è stato accolto dal 78 per cento dei votanti della Svizzera francese. Alla forte mobilitazione delle donne romande si è quindi contrapposta quella altrettanto forte delle forze borghesi svizzero-tedesche.
Il comportamento di voto rivela la diversità delle posizioni, nelle varie regioni del Paese, riguardo all'ampliamento delle istituzioni sociali. In reazione al rifiuto popolare, il Cantone di Ginevra crea nel 2001 una propria assicurazione maternità. Bisognerà attendere fino al 2004 prima che l'assicurazione maternità diventi realtà anche sul piano nazionale.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Dipartimento federale dell'interno e Ufficio federale delle assicurazioni sociali (1999), Votazione popolare federale del 13 giugno 1999. Documentazione sull'assicurazione maternità, Berna; Despland Béatrice, Fragnière Jean-Pierre (ed.)(1999), Politiques familiales l’impasse? Losanna; HLS / DHS / DSS: maternità.
(12/2015)
Con la votazione popolare del 26 settembre 2004 giunge infine in porto, dopo molti decenni, un progetto di politica sociale che mira all’introduzione dell’assicurazione per la maternità. Il tema dell’assicurazione per la maternità era già stato discusso negli anni 1920 e la relativa base costituzionale era stata creata nel 1945. Da allora vi sono stati svariati tentativi per ancorarla a livello di legge (p. es. nel quadro dell’assicurazione malattie, nel 1987, o mediante iniziativa popolare, nel 1984), tutti però naufragati. Lo sciopero delle donne del 1991, che rivendica l’attuazione dell’articolo costituzionale sull’uguaglianza dei diritti tra uomo e donna, riporta l’attenzione sulla questione dell’assicurazione per la maternità. Con l’elezione della socialdemocratica Ruth Dreifuss nel Consiglio Federale il progetto conquista una sostenitrice ai massimi livelli.
Una nuova proposta di finanziamento, questa volta tramite una quota dell’imposta sul valore aggiunto, fallisce nel 1999. Il progetto prevedeva il versamento di un’indennità di maternità per 14 settimane destinato alle donne che esercitano un’attività lucrativa e una prestazione di base unica cui avrebbero avuto diritto tutte le madri. Il referendum, lanciato dai partiti della destra borghese e dai rappresentati dell’economia, che mettono in dubbio la finanziabilità del progetto, si svolge in uno scenario caratterizzato dalla contrapposizione tra la Svizzera romanda (a favore) e la Svizzera tedesca (contraria), tra gli ambienti urbani e quelli rurali e tra le generazioni. Le reazioni all’esito della votazione rendono tuttavia evidente che l’esigenza di un’assicurazione per la maternità conta ormai su un largo appoggio, tanto che, nel 2001, il Cantone di Ginevra introduce un’assicurazione per la maternità cantonale.
Ciò spinge i rappresentanti di tutti i partiti governativi ad adoperarsi per raggiungere un compromesso su scala federale, per il quale, a dispetto di un nuovo referendum promosso dall’Unione democratica di Centro (UDC), si riusce a ottenere la maggioranza nel settembre 2004. Questo compromesso incontra il favore anche di molti dei votanti che si erano invece opposti al progetto del 1999. L’assicurazione per la maternità viene integrata nel sistema delle indennità per perdita di guadagno (IPG), per il quale le donne lavoratrici avevano versato contributi fin dal 1940. Proprio come per le IPG, anche per l’assicurazione per la maternità è previsto un finanziamento esclusivamente mediante detrazioni salariali. Essa garantisce l’80 per cento dell’ultimo salario per un periodo di 14 settimane. A differenza di quanto previsto nei precedenti progetti, possono tuttavia usufruire di prestazioni solo le donne che prima del parto esercitavano un’attività lucrativa.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Année politique Suisse / Schweizerische Politik, 1990–1994; Studer Brigitte (1997), Familienzulagen statt Mutterschaftsversicherung? Die Zuschreibung der Geschlechterkompetenzen im sich formierenden Schweizer Sozialstaat, 1920–1945, Schweizerische Zeitschrift für Geschichte, 47, 151–170; Hauser, Karin (2004), Die Anfänge der Mutterschaftsversicherung. Deutschland und Schweiz im Vergleich, Zürich; Studer Brigitte, Sutter Gaby (2001), Die ‚schutzbedürftige Frau‘. Zur Konstruktion von Geschlecht durch Mutterschaftsversicherung, Nachtarbeitsverbot und Sonderschutzgesetzgebung, Zürich; HLS / DHS / DSS: Maternità.
(05/2020)
Il 24 marzo 2006, il Parlamento adotta la legge sugli assegni familiari, entrata in vigore il 1° gennaio 2009. Da questa data hanno diritto a un assegno familiare tutti i genitori salariati e quelli senza attività lucrativa. Con la legge sono inoltre uniformati gli importi minimi degli assegni. Dal 2013 possono beneficiare degli assegni anche i lavoratori indipendenti, il che ha finalmente permesso di dare piena attuazione al principio «un figlio, un assegno». L’importo minimo mensile degli assegni familiari è di 200 franchi per ogni figlio di età inferiore ai 20 anni (250 franchi per i figli in formazione). Sotto il profilo organizzativo, la legge affida la gestione degli assegni alle esistenti casse di compensazione per assegni familiari. Il finanziamento degli assegni è di competenza dei Cantoni, che a tal fine possono riscuotere contributi dai datori di lavoro.
Come nel caso dell’assicurazione per la maternità – introdotta nel 2004 – la legge sugli assegni familiari si fonda su una disposizione iscritta nella Costituzione federale fin dal 1945. In un primo momento, nel 1952, viene adottata una regolamentazione a livello federale solo nel settore dell’agricoltura, nella speranza di porre un freno all’esodo dalle campagne versando assegni familiari ai lavoratori agricoli e ai contadini di montagna. I Cantoni prendono l’iniziativa di introdurre delle allocazioni famigliari, il cui importo nel 2004 ammonta in media a 184 franchi per figlio. Nello stesso anno si contano 115 casse di compensazione per assegni familiari (tra pubbliche e private). I primi progetti di armonizzazione degli assegni cantonali a livello federale risalgono all’inizio degli anni 1990, ma è solo con l’iniziativa popolare «Più giusti assegni per i figli!», promossa nel 2003 dal sindacato Travail.Suisse, che si può finalmente dare slancio a questo proposito. L’iniziativa, che prevedeva un aumento significativo degli assegni (a 450 franchi), viene tuttavia ritirata in seguito alla presentazione di un controprogetto.
Questa iniziativa, così come la successiva legge sugli assegni familiari, si inserisce in un periodo di un rafforzatoattivismo in ambito di politica familiare. Riconoscendo il fatto che le famiglie sono sempre più esposte al rischio di povertà, numerosi Cantoni iniziano a concedere aiuti finanziari alle famiglie a basso reddito. La Confederazione, da parte sua, avvia nel 2003 un programma d’incentivazione per lo sviluppo di strutture per la custodia diurna dei bambini. Dal 2000 si discute inoltre della possibilità di estendere le prestazioni complementari alle famiglie – un modello conosciuto ancora in pochi Cantoni.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Année politique Suisse / Schweizerische Politik, 2000–2006; Iniziativa parlamentare. Prestazioni familiari. Rapporto complementare della Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale, Foglio federale, 2004, 6103–6144; HLS / DHS / DSS: Assegni familiari.
(05/2020)
Dai primi anni 1990, il sistema di sicurezza sociale conosce un’evoluzione complessa e altamente conflittuale. Rispetto al ventennio precedente, la crescita della quota degli oneri sociali (rapporto tra le entrate delle assicurazioni sociali e il prodotto interno lordo) si è gradualmente stabilizzata. A fronte di una situazione congiunturale incerta, la politica sociale diventa teatro di accesi scontri politici ad opera di alleanze politiche instabili. Ne è riprova l’aumento delle votazioni popolari su questioni riguardanti le assicurazioni sociali, passate dal 18 per cento di tutti i progetti tra il 1971 e il 1990 a ben il 31 per cento tra il 1991 e il 2017. È evidente che gli schieramenti politici sono meno in grado di conciliare interessi divergenti e di giungere a compromessi che possano raccogliere un consenso maggioritario.
La differente percezione dei problemi da parte della sinistra e degli ambienti borghesi conduce progressivamente a una situazione di stallo in particolare nell’ambito dell’assicurazione malattie e in quello della previdenza per la vecchiaia. Se in occasione dell’introduzione dell’assicurazione malattie obbligatoria nel 1994 è ancora possibile raggiungere la maggioranza necessaria a un ampliamento moderato del sistema, da allora numerosi tentativi di modifica per contrastare l’aumento dei costi della salute sono stati bocciati sia in Parlamento che alle urne. Per riuscire a tenere sotto controllo i costi, la sinistra punta all’istituzione di una cassa malati unica e pubblica, ma questa proposta viene respinta dal Popolo in entrambe le relative iniziative (2007 e 2014). Lo stesso succede nel 2012 con la seconda revisione parziale della legge federale sull’assicurazione malattie (LAMal), in particolare per la paura degli assicurati di perdere il diritto alla libera scelta del medico. Maggiore successo è riscosso da misure meno incisive come l’introduzione della compensazione dei rischi tra casse malati e l’armonizzazione delle tariffe mediche. La questione di come far fronte al progressivo invecchiamento della popolazione porta a discutere anche in ambito sanitario come vada finanziato il crescente bisogno di cure.
Dopo l’ultima riforma globale della previdenza per la vecchiaia nel 1996 (10a revisione dell’AVS), dall’inizio del 21° secolo si cerca affannosamente di introdurre una nuova riforma. Mentre i borghesi puntano a un aumento dell’età di pensionamento a fronte dell’evoluzione demografica, la sinistra mette in guardia contro la progressiva diminuzione della solidarietà, ponendo invece l’accento sulla necessità di trovare nuove fonti di finanziamento. Due progetti per un’11arevisione dell’AVS vengono bocciati, il primo alle urne nel 2004 e il secondo in Parlamento nel 2010. Nello stesso anno, il Popolo respinge in modo altrettanto netto anche la riduzione dell’aliquota di conversione nella previdenza professionale. Il pacchetto della riforma «Previdenza per la vecchiaia 2020», che propone una riforma simultanea di AVS e previdenza professionale, viene bocciato a sua volta nel 2017. L’aspetto principalmente criticato riguarda l’innalzamento dell’età di pensionamento delle donne da 64 a 65 anni. Nel 2019 il Popolo approva infine un progetto presentato nel quadro della riforma fiscale che permette di aumentare le entrate dell’AVS. Per colmare le rimanenti lacune finanziarie e risolvere i problemi strutturali dell’AVS, il Consiglio federale elabora un nuovo progetto: il pacchetto «AVS 21» prevede misure compensative per l’aumento dell’età di pensionamento delle donne, una flessibilizzazione della riscossione della rendita nonché un aumento dell’imposta sul valore aggiunto. La riforma della previdenza per la vecchiaia rimane dunque uno dei principali cantieri del sistema di sicurezza sociale, tanto più che per la previdenza professionale si dispone di prime proposte di riforma delle parti sociali.
A partire dagli anni 1990 assumono sempre più importanza i rischi legati alla maternità e alla paternità. È in questo ambito che gli strumenti di sicurezza sociale vengono prevalentemente ampliati, trovando per esempio una maggioranza per l’introduzione l’assicurazione per la maternità (2004), l’armonizzazione degli assegni familiari (2006) o l’istituzionalizzazione di un congedo di paternità di due settimane (2019). Al contempo, Confederazione e Cantoni investono in strutture per la custodia di bambini piccoli al fine di accrescere la conciliabilità tra famiglia e lavoro. Ciononostante in questo ambito la Svizzera continua a presentare un forte ritardo rispetto ad altri Paesi dell’OCSE.
Dalla fine del 20° secolo emergono inoltre nel dibattito pubblico questioni di fondo sul futuro del sistema di sicurezza sociale. Si inizia a trattare la «nuova povertà», in particolare quella che tocca le madri sole, i disoccupati che hanno esaurito il diritto alle indennità di disoccupazione e le famiglie a basso reddito. Quale reazione, l’assicurazione contro la disoccupazione e l’assicurazione invalidità tra il 1995 e il 2006 nonché l’aiuto sociale si orientano maggiormente alla rapida reintegrazione nel mercato del lavoro. La cosiddetta politica di attivazione è molto contestata: i suoi detrattori leggono nell’ampliamento delle misure in questo ambito un celato tentativo di ridurre le prestazioni e aumentare i controlli nei confronti dei beneficiari. Le trasformazioni che hanno interessato i rapporti di lavoro (lavoro a tempo parziale) e gli stili di vita (p. es. famiglie monoparentali o famiglie ricostituite) hanno dato il via alla concezione e alla discussione di nuovi modelli di sicurezza sociale, tra cui ad esempio un reddito di base incondizionato, bocciato alle urne nel 2016, o un’assicurazione universale di reddito.
Literatur / Bibliographie / Bibliografia / References: Studer Brigitte (2012), Ökonomien der sozialen Sicherheit, in P. Halbeisen, M. Müller, B. Veyrasset (ed.), Wirtschaftsgeschichte der Schweiz im 19. Jahrhundert, 923–974, Basel; Obinger Herbert, Armingeon Klaus et al. (2005), Switzerland. The marriage of direct democracy and federalism, in H. Obinger, S. Leibfried et al. (ed.), Federalism and the welfare state: New World and European experiences, 263–306, New York; Année politique Suisse / Schweizerische Politik, 1990–2010.
(05/2020)
Premi qui per cambiare d'anno.